CARS 2

Mariarosa Mancuso

    Incantano i dettagli delle quattro città ricostruite a misura di automobiline. Tre vere, Tokyo Londra e Parigi. Una di fantasia: l'italiana Porto Corsa, messa insieme con paesaggi da costiera amalfitana, un circuito che somiglia a quello di Monaco, una piazza con fontana dal catalogo “le belle piazze italiane”, grandi alberghi in stile liberty. A Tokyo troviamo le auto-giapponesine in kimono e i sushi bar, più un avveniristico gabinetto con molti pulsanti e spruzzetti (un video con una gentile macchinina-speaker ne spiega l'uso, incomprensibile per i non giapponesi). Si registra qui la prima “toilet gag” con il marchio Pixar: il carro attrezzi Cricchetto si emoziona al punto da perdere olio, Saetta McQueen lo spedisce di corsa in bagno, diviso per macchine-maschio e macchine-femmina (con gli ideogrammi, quindi il rugginoso carro attrezzi sbaglia). A Parigi, una Citroen DS e una Renault quattro si baciano romanticamente sul ponte, vediamo la Tour Eiffel in versione motoristica (e anche, autocitazione, l'insegna Chez Gusteau di “Ratatouille”). A Londra c'è Buckingham Palace e la presentazione a corte: yes, una Rolls Royce, mentre Cricchetto fa le smorfie cercando di far ridere la guardia (il gioco continua sui titoli di coda: Saetta McQueen e Cricchetto si ubriacano all'Oktober Fest, raddrizzano la Torre di Pisa, ammirano la Sfinge con le ruote). Bellissima anche la sequenza iniziale in stile James Bond sulla piattaforma petrolifera: una delle sottotrame riguarda i carburanti ecologici, e tra le new entry c'è una Aston Martin con licenza di uccidere al servizio di sua Maestà. Una gioia per gli occhi (degli adulti più che dei bambini), una mezza delusione per chi aveva fissato lo standard emozionale e narrativo a “Toy Story 3”, per non parlare di “Wall-E” o di “Up”. Va detto che nemmeno il primo “Cars” ci aveva entusiasmato, fatte salve certe nuvolette a forma di pneumatico. Si ammira il tentativo di non ripetersi aggiungendo la trama spionistica, un po' meno il nuovo rivale per Saetta, l'italiano sbruffone Francesco Bernoulli (il nome tanto italiano non sarebbe, ma ha tante vocali e questo basta, la voce originale era di John Turturro), incoraggiato da mamma auto con fazzoletto da contadina. I disegnatori infieriscono su certe auto sfigate come la NSU Prinz o la Lada o la Dauphine. I pezzi sono originali, ma il motore manca di sprint.