COWBOYS & ALIENS

Mariarosa Mancuso

    Questione di luci. Le dive all'epoca del muto venivano scritturate a tredici anni, non per far cadere in tentazione Charlie Chaplin ma perché con certi riflettori, o sotto il sole californiano, solo un'adolescente non ha neppure una piegolina sul collo o sotto gli occhi. La regola viene ribadita in “Paper Moon” di Peter Bogdanovich, con Ryan O'Neil di “Love Story” e “Barry Lyndon”: non c'è bisogno di leggere gli storici del cinema per scoprire i segreti del cinema. Capita lo stesso guaio agli alieni di questo film, l'ultimo girato da un regista che aveva iniziato come attore in “Swingers”, anno 1996, e dopo “Iron Man” (ottimo il primo, banale il secondo) ha fatto carriera nei blockbuster. Quel gran seduttore di Daniel Craig, lo scorso mese di agosto al Festival di Locarno per l'anteprima del film, ha sedotto tutte le giornaliste svizzere con la frase: “Adoro come voi europei pronunciate Favreau”. Pioveva a catinelle, la sera della proiezione in Piazza Grande, ma almeno quattromila persone sono rimaste eroicamente sedute in piazza, con mantelline di plastica (gli ombrelli sono vietati, per non ostacolare la visuale), per festeggiare il regista e soprattutto gli attori. Dopo la proiezione, gli applausi erano un po' meno calorosi. Gli alieni che arrivano di notte nel villaggetto del vecchio west sono spaventosi e cinematograficamente inquietanti. Gli alieni che di giorno sotto il sole si mostrano in tutta la loro verde schifiltosità non fanno paura a nessuno, tranne a Harrison Ford e a Daniel Craig che per contratto li devono sgominare. Stupisce che sette sceneggiatori – tra cui Damon Lindelof di “Lost”, Roberto Orci & Alex Kurtzman di “Star Trek - The Prequel” – non se ne siano accorti: si capisce che quando uno segnalava il problema veniva cacciato per metterne un altro a libro paga. Nato da una battuta (come “Snakes on a Plane”), il film era un azzardo. Ne sono usciti due, in realtà. La vita nella cittadina di Absolution rimanda al western classico e funziona. Gran parte del merito va Paul Dano, nella parte del figlio degenere di Harrison Ford: il giovane attore, visto nel “Petroliere” e in “Little Miss Sunshine”, in una sola scena fa ombra tutto resto del cast. Lì si aggira lo straniero Daniel Craig, con uno strano braccialetto al polso (anche la ragazza del saloon ha qualcosa che non torna, ma al momento non ci badiamo). Con la caccia all'alieno bavoso, arriva anche la noia.