
ALI' HA GLI OCCHI AZZURRI
Marco Müller lo ha caldamente raccomandato, in un articolo uscito sul Messaggero. Non si dovrebbe fare: il film era in concorso al Festival di Roma, e in altre manifestazioni internazionali l'ultima cosa che un direttore fa è spendersi o giudicare in anticipo un titolo in gara, anche in un articolo sul tema “Roma nel cinema”. Se succede, gli altri registi in concorso protestano (ecco perché siamo lontani dagli standard internazionali: succedono queste cose, e nessuno sembra notarle). Si chiama concorrenza sleale, oppure “suggerimenti alla giuria”, nel caso “Alì ha gli occhi azzurri” dovesse vincere qualche premio. Potrebbe capitare, considerata la presenza magnetica del protagonista – un bel ragazzo egiziano che si mette le lenti azzurre per mimetizzarsi – e l'origine documentaristica. C'è un giovanotto preso dalla vita, anche con una storia interessante altrettanto presa dalla vita (i genitori lo cacciano di casa dopo che si è fidanzato con una ragazza italiana). Quindi il regista e lo sceneggiatore lasciano fare alla vita: riprendono Nader, i suoi amici, la fidanzata, i genitori senza costringerli in una sceneggiatura. Abbiamo scritto “costringerli” di proposito. Il cinema è (anche) polso fermo, nel montaggio e nella costruzione dei personaggi, che qui sono garantiti veri ma risultano poco verosimili.


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