VITA DI PI

Mariarosa Mancuso

    Il mio romanzo ha sputacchiato e tossito, poi è morto”. Per questo uno scrittore canadese semifallito e in cerca di storie decide di stabilirsi a Bombay. La vita laggiù costa poco e rende parecchio: “qualche settimana in India è sufficiente a placare l'inquietudine di qualsiasi creatura vivente”. Così Yann Martel ci conquistò con il suo “Vita di Pi” (ora ristampato da Piemme), vincendo la nostra naturale riluttanza a leggere storie di quasi quattrocento pagine in cui un naufrago ragazzino si ritrova a bordo di una scialuppa con una tigre feroce, una iena, un orango e una zebra ferita. Due perle in poche pagine lasciavano ben sperare, e mentre i romanzi sugli scrittori che scrivono romanzi sono insopportabili, i romanzi sui cercatori di storie di solito danno soddisfazioni. L'edizione 2003 del libro già annunciava la vendita dei diritti per un film, ora sugli schermi grazie all'ostinazione di Ang Lee e a certi stupefacenti effetti speciali. Usati a proposito, nello splendore delle tre dimensioni, e senza cedere alla tentazione di scagliare oggetti contro il pubblico munito di occhialini. Dovete avere soltanto un po' di pazienza, dopo la fantastica carrellata che all'inizio mostra lo zoo di Pondicherry e gli animali più belli mai visti al cinema (replicati verso la fine da un mare di suricati, tutti con il musetto che guarda nella stessa direzione: paiono un fumetto). La cornice – vale a dire lo scrittore che si imbatte finalmente in “una storia che gli farà credere in Dio” – viene tirata un po' per le lunghe, e Rafe Spall (figlio del Timothy Spall che è una presenza fissa nei film di Mike Leigh) offre all'obiettivo una faccia sempre uguale, inerte e perplessa. Quando Pi, i suoi genitori, gli animali del circo in trasferimento dall'India al Canada sono sulla nave in tempesta comincia il divertimento. Quando finalmente siamo sulla scialuppa in mare aperto, e la tigre si mostra, affamata e assetata, e comincia la lunga sopravvivenza in mare di un ragazzino poco esperto con un bestione da quattro chili di carne al giorno, lo spettacolo non ha pari. Altro che Hobbit, per dire: la tigre Richard Parker ha un nome meno ridicolo di Bilbo Baggings e molta più personalità. A proposito di nomi: Pi si legge Pi, esattamente come lo vedete scritto: il ragazzino infatti viene chiamato dal padre Piscine Molitor, come una piscina di Parigi.