
QUALCOSA NELL'ARIA
Sembra incredibile che dopo il magnifico “Carlos” – sei ore e mezza di ottima televisione dedicata al terrorista venezuelano Ilich Ramírez Sánchez che nel 1975 a Vienna fece irruzione all'Organizzazione dei paesi produttori di petrolio, contrattando un aereo per fuggire con gli ostaggi – Olivier Assayas sia ricascato nel cinema nostalgico post sessantottino. Autobiografico fino al midollo, per di più: lo studente protagonista vuole fare cinema e alla fine riuscirà a trovarsi un lavoro come aiuto regista, grazie al padre che lo raccomanda. Prima però vende giornali rivoluzionari, fabbrica molotov, partecipa alle manifestazioni, prende la sua dose di botte e quando le cose si mettono male dopo il ferimento di un poliziotto ripara in Italia. Dove sono ambientate le scene più ridicole del film: discussioni con gli operai, dibattiti sull'arte borghese della cinematografia, deliri sulla nuova sintassi filmica e l'efficacia delle pellicole di propaganda rivoluzionaria girate alla vecchia maniera, peraltro le uniche a essere apprezzate dalle masse popolari. “Aprés mai” comincia nel 1971, ricostruito straccio dopo straccio e copertina di disco in vinile dopo copertina di disco in vinile. Vediamo soffitte con divani scalcagnati e giacigli da comune con lenzuola grigioline: alternati al pauperismo ci sono però le ville in campagna di qualche ricco genitore, dove rifugiarsi a vedere gente, fare cose, dipingere e prendere droghe (qualcuno finisce male, ma anche questo fa parte della filologia sessattottina). Lacrimogeni e A come Anarchia incisi sul banco di scuola mentre il professore spiega Blaise Pascal. Amori libertari e una fuffa di discorsi sull'arte (il rogo purificatore, oltre a una villa, incenerisce i disegni del futuro regista). Lo si può prendere come il fedele e commovente ritratto di una stagione irripetibile: chi ha la stessa età del regista, e conserva ancora l'eskimo nell'armadio, dopo la proiezione al Festival di Venezia aveva i lucciconi agli occhi, commosso per i giovani attori carini e il ricordo dei vecchi tempi. Gli altri erano perplessi per la sceneggiatura immeritatamente premiata: capita di rado di vedere un film dove tutti fanno antipatia a dispetto delle intenzioni di un regista nonché sceneggiatore che punta ciecamente sul loro idealismo, la loro buona fede, la loro voglia di cambiare il mondo. Da grande e da giovanotto, Assayas si prende terribilmente sul serio.


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