
LINCOLN
Documenti storici e ritratti alla mano, il magazine online Slate verifica punto per punto l'accuratezza del “Lincoln” di Steven Spielberg. Sì, il presidente sognava spesso una nave, interpretata come il XII emendamento, o forse la Guerra civile in via di conclusione. Sì, la sua voce era acuta, in contrasto con la presenza imponente, e Daniel Day-Lewis la rifà con grande maestria. Sì, la moglie Mary Todd Lincoln – nel film, l'attrice Sally Field – aveva le sue stranezze, odiava la vita alla Casa Bianca e l'obbligo di organizzare feste, soffriva per la perdita in combattimento del figlio Willie e per l'altro figlio Robert che voleva arruolarsi. Sì, Thaddeus Stevens – nel film, l'attore Tommy Lee Jones – era su posizioni radicali, contrario ai compromessi, e chiamava “rettili” gli avversari politici. Sì, il presidente amava intrattenere gli interlocutori raccontando aneddoti. Sì, barbe e basettoni sono resi dal dipartimento trucco con la massima fedeltà. La precisione storica e iconografica non esaurisce però il fascino e l'attrattiva del film, che ha ottenuto dodici candidature all'Oscar (e ne dovrebbe vincere parecchie, il prossimo 24 febbraio). La marcia in più viene dalla sceneggiatura di Tony Kushner, il commediografo premio Pulitzer per “Angels in America”. Per volere del regista, è stata drasticamente tagliata e rimaneggiata in corso d'opera, rinunciando al più tradizionale impianto biografico e puntando l'attenzione su poche settimane all'inizio del 1865. Quando Lincoln, trionfalmente rieletto per il suo secondo mandato, fece approvare dal Congresso il XIII emendamento che aboliva la schiavitù. Mancavano venti voti, diede ordine ai suoi di cercarli nel campo avverso dei democratici, promettendo incarichi e giocando sulle astensioni. Sapeva che la Guerra di secessione stava per finire, che gli stati del sud volevano trattare la resa, e che un voto posticipato avrebbe vanificato gli sforzi fatti fino a quel momento. Si comportò da politico lungimirante, accettò i necessari compromessi, promise che la pace “non avrebbe portato solo impiccagioni”. Qualsiasi confronto con i film sulla politica usciti negli ultimi anni – dove puntualmente un giovane idealista sbarca a Washington per poi rimanere deluso dalle macchinazioni – fa trionfare il realismo di “Lincoln”. Un presidente spesso inquadrato in penombra, o in pose da statua, eroico senza scivolare mai nel santino.


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