THE IMPOSSIBLE

Mariarosa Mancuso

    Torna il cinema da piangere. Con dibattito. E' giusto fare un film sullo tsunami del 2004 raccontando la storia di un'unica famiglia (spagnola nella realtà, bionda e britannica nel film, per esigenze di mercato internazionale) che in Thailandia stava passando le feste natalizie? Non era il caso di dedicare un po' di attenzione alle altre duecentomila vittime del catastrofico maremoto? Si poteva, certo. Magari con un documentario. Un film racconta una storia, non è un monumento commemorativo, e l'identificazione funziona meglio con pochi personaggi che ci somigliano. “Sarebbe potuto accadere anche a voi”, è il sottotesto che accompagna ogni scena del film, dalla furia della natura alla famiglia spezzata in due – madre e un figlio in una linea narrativa, padre e i due figli restanti nell'altra – che cerca disperatamente di mettersi in salvo, mentre si interroga sulla sorte dei congiunti. Juan Antonio Bayona viene dal cinema horror, nel 2007 aveva diretto “The Orphanage”, ed è bravissimo a organizzare la materia ricavandone il massimo del pathos. “La quiete prima della tempesta”, per cominciare, quando la famigliola arriva sul posto, visita le camere, guarda l'oceano, prepara i regali sotto l'albero, intanto lo spettatore già si agita sulla poltrona pensando a quel che sta per succedere. Finché la grande onda arriva, preceduta dagli uccelli che fuggono e dalle vetrate che tremano. L'avevamo già vista in “Hereafter” di Clint Eastwood, film che poi prendeva tutt'altra strada, anche ultraterrena. Ma quel che riescono a fare qui il responsabile degli effetti speciali (con acqua sporca e macerie vere, non digitali) e il direttore della fotografia è stupefacente, se vi piace sentirvi mancare il fiato come se l'onda invadesse la platea, fino ad annerire completamente lo schermo. Gli alberi cadono come fuscelli, le case crollano, la corrente trascina via, poi resta un mare di acqua marrone e nessuno all'orizzonte. Se appare qualcuno, urla e chiede aiuto a te. E' facile anche ritrovarsi con qualcosa di rotto, senza una pillolina che faccia almeno passare il dolore. I genitori sono Naomi Watts e Ewan McGregor, entrambi eroici e amorevoli e straziati, mentre i bambini crescono rapidamente e imparano ad aiutare il prossimo, prima che il regista smetta di pretendere altre lacrime aggiungendo sciagure ospedaliere e mancati incontri.