BENUR – UN GLADIATORE IN AFFITTO

Mariarosa Mancuso

    L'anno scorso “I gladiatori di Roma” disegno animato con ambizioni internazionali diretto da Iginio Straffi, papà delle streghette Winx (non era esattamente questo che intendevano le femministe con il grido di battaglia “tremate, tremate le streghe son tornate”). Quest'anno “Benur”, diretto dal regista Massimo Andrei che aveva girato “Mater Natura”, riassumibile nello slogan “Sì al transex, no agli ogm”: si fa per capirci, era un film molto divertente e originale, povero di denari quanto ricco di idee. Insomma, qualche storia non trita e ritrita l'avremmo, a scopo esportazione. Senza bisogno di rifare in eterno “La Piovra”. Senza le proteste di chi vorrebbe preservare l'immagine dell'Italia impedendo di sfruttare un filone ricco quanto il western. I gladiatori – ma non dovrebbero essere centurioni, con quel pennacchio? – che si fanno fotografare dai turisti con il Colosseo sullo sfondo, proprio come i mimi che fanno le statue umane agli angoli delle strade, somigliano ai giovanotti che nei parchi a tema americani fanno rivivere le battaglie storiche e la vita d'altri tempi. George Saunders e Chuck Palahniuk forniscono i modelli letterari, nel cinema americano c'è “Adventureland” di Greg Mottola, tra i baracconi dove si gioca a “tre palle un soldo” e colpite le ochette gli innamorati vanno via con l'orsacchiotto. Può accadere anche il contrario: non è detto che in un film italiano sia fuori luogo un impiego alla chat line erotica, fatto dal tinello di casa mentre si accoppiano i calzini puliti (come in “Short Cuts” di Robert Altman, anno 1993). Questo per dire che “Benur – Un gladiatore in affitto” è pronto per un remake americano, si spera dopo il successo nelle sale italiane. La fatica di tirare avanti esiste ovunque, la crisi pure, per gli antichi romani si trovano facilmente sostituti, i dialoghi sono perfetti e già rodati in teatro (la pièce, di notevole successo, è firmata da Gianni Clementi). Ambientato tra il Colosseo e Tor Sapienza, “Benur” racconta il romano battutaro e incazzato, che da anni insegue un risarcimento miliardario: faceva lo stuntman a Cinecittà, salvando il soldato Ryan gli hanno incrinato qualche costola. Trovato un lavoretto da imbianchino – la sorella è stufa di mantenerlo sussurrando sconcezze – si fa sostituire da un immigrato, bielorusso e clandestino. Attori bravissimi, niente lagne ideologiche, gran divertimento.