IL CECCHINO

Mariarosa Mancuso

    Certe cose restano addosso. A Michele Placido son rimasti addosso “Vallanzasca” e “Romanzo criminale”, il film tratto dal romanzo di Giancarlo De Cataldo (sfortunato il paese dove i magistrati fanno i romanzieri e i romanzieri fanno i magistrati, potremmo dire, se non temessimo querele da entrambe le categorie e anche da qualche passante che si unisce al gruppo). Tanto da accettare l'incarico di girare un gangster movie in Francia, con un cast di stelle trovate sul posto – Olivier Gourmet appena visto nel bel film di Pierre Schoeller “Il ministro: L'esercizio dello stato”, Mathieu Kassovitz che nel 1995 aveva diretto “L'odio”, l'immancabile Daniel Auteuil con il suo naso da pugile suonato. Qualche altra stella l'ha portata da casa: la figlia Violante Placido e Luca Argentero. La trama di “Il cecchino” è da film poliziesco. Il capitano di polizia Mattei, dopo lunghe indagini, sta per catturare un banda di rapinatori. Un tiratore scelto appostato sul tetto spara agli agenti, per permettere ai criminali di fuggire. Un uomo resta ferito, a questo punto entra in scena il tipo di medico che ricuce le ferite in casa senza anestesia – al massimo uno straccio tenuto tra i denti, dopo che ti sei fatto aprire la porta con la parola d'ordine – e non risponde mai alle domande (ha un oscuro passato? nasconde un tremendo segreto? certo che sì, a tutte e due le domande, e in questo film non è il solo ad averlo: le radici del male vanno cercate lontano). Una storia non particolarmente originale, ma del resto i polizieschi non lo sono quasi mai. Buona per un paio d'ore di sparatorie, interrogatori, inseguimenti, false piste, eventuali scaramucce con gli avvocati. Buona per intrattenere senza scomodare i massimi sistemi. Non è escluso che certi noir o certi polar – sotto forma di libro oppure di film – alludano alla condizione umana, là fuori ci sono schiere di critici letterari e cinematografici pronti a trovare reconditi significati anche nel pane con la nutella. Non sta però al regista mettere le mani avanti, scrivendo nelle note di lavorazione: “La mia intenzione era anche quella di analizzare la decadenza occidentale”, scomodando Mr Hyde, King Lear, i delitti e i castighi russi. L'occidente sarà anche messo male, ma frasi come “sono molto attratto dalla complessità dell'animo umano e mi piace esplorarne il lato oscuro” non aiutano certo a risollevarlo.