
CONFESSIONS
Sottolineare a matita i libri non usa più. Kindle ha cambiato le abitudini. In meglio: le frasi prescelte si ritrovano all'istante, richiamate in bell'ordine e con il testo esatto, senza le incrostazioni prodotte dalla nostra fantasia di lettori. Se serve una ricerchina, il magico lettore elettronico la fa per noi. Restano forse sui manuali scolastici, che i compulsivi sottolineavano riga dopo riga, senza lasciare fuori neanche una parola. I dissacratori che usavano la biro, o facevano le orecchie alle pagine, erano meno ansiosi. Poi sono arrivati gli evidenziatori – monocolore per i compulsivi semplici, multicolore per i compulsivi complicati: da lì l'orrore di certi libri fosforescenti senza una riga lasciata in nero. Come capita in questo film di Nakashima Tetsuya, regista di culto (dal Giappone non arriva nulla che non lo sia). I suoi colori sono il nero e il grigio ferro, perfino il sangue ha il colore del nerofumo. Rompe la monotonia solo il bianco del latte che esce dai cartoni e si rovescia sui banchi, durante la lunga confessione della professoressa che lascia l'insegnamento: “Mia figlia è annegata in piscina, i suoi assassini sono fra voi anche se la polizia ha archiviato il caso come tragico incidente, ho contaminato il latte che state bevendo, ed è solo l'inizio della vendetta tremenda vendetta”. Da qui in poi, la struttura del film copia (o meglio cita, i giapponesi son di culto quindi citano) “Rashomon” di Akira Kurosawa, riprendendo la storia da diversi punti di vista, con rivelazioni vieppiù agghiaccianti. Se c'è gente da non frequentare, lo abbiamo imparato da tutti i film orientali di culto che abbiamo visto in molti anni festivalieri, sono gli adolescenti con gli occhi a mandorla. Tutti con un'infanzia difficile e un nichilismo che fa stramazzare al suolo anche gli occidentali più pessimisti. Si capisce perché in “Royal Battle” di Kinji Fukasaku, dal romanzo di culto firmato da KoushunTakami, una classe di liceo viene ogni anni tirata a sorte, provvista di armi, incitata a sterminare i compagni di classe finché uno solo resta vivo. Sarà che il culto contagia, ma “Confessions” funziona, e alla fine non disturba neanche il ralenti.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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