
SALVO
Se una ragazza siciliana ha un vestito di cotonina a fiori, o siamo in una pubblicità di Dolce & Gabbana o siamo in un film d'arte. Questo è un film d'arte, all'insegna del voyeurismo – lo spettatore osserva il killer mafioso che si aggira in una casa semibuia con l'intenzione di regolare i conti in sospeso. La ragazza con il vestitino è cieca, ascolta sempre la stessa canzone, sente una presenza estranea (i rumori vengono potenziati, bell'effetto rovinato dalle dichiarazioni di intenti dei registi palermitani: “l'orecchio come parte integrante della visione”). “Salvo” ha vinto due premi alla Settimana della critica di Cannes, dove era stato presentato senza un distributore per l'Italia. La sceneggiatura vanta una menzione al premio Solinas 2008, i finanziamenti sono stati faticosi, nei titoli di testa – oltre ai produttori Massimo Cristaldi e Fabrizio Mosca - troviamo undici sigle tra cui la francese Arté. Nel mezzo, un cortometraggio intitolato “Rita” (altra ragazza cieca, molti premi internazionali) e l'intervento dei FilmLab o degli atelier di sviluppo che parecchi Festival hanno avviato, a mo' di vivaio. Qui sta il lato debole del film, costruito più per piacere ai critici che per trovare spettatori in sala. Ora il distributore c'è, lo scandalo è rientrato, e pure le polemiche sull'omologazione del cinema italiano. La bella fotografia di Daniele Ciprì - e la trama che punta sul miracolo della vista riacquistata, magari ora si ravvede anche il killer - non ripaga della lentezza e della quasi totale assenza di dialoghi. Fa eccezione il siparietto familiare con Luigi Lo Cascio e consorte Giuditta Perriera, che in un tugurio da Cinico tv apparecchiano pranzi e cene per il killer. Bel tocco da commedia grottesca che stempera il melodramma. Gli attori sono bravi, ma recitano per far colpo su una giuria, lo spettatore deve metterci del suo. Ancora più duro e puro risulta “Amore carne” di Pippo Delbono, uscito da noi in contemporanea con la Francia. Scene di vita, da teatrante sieropositivo e buddista, girate di nascosto con il cellulare, con la partecipazione di Sophie Calle, Tilda Swinton, Marisa Berenson. Buono per i fan del regista, un po' meno per chi dal cinema pretende qualcosa di più del narcisismo autoriale.


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