
WORLD WAR Z
Per aggiudicarsi i diritti del romanzo di Max Brooks – “World War Z: An Oral History of The Zombie War”, appena ristampato da Cooper con il titolo “La guerra mondiale degli zombi” – Brad Pitt litigò con Leonardo DiCaprio (Max è figlio di Anne Bancroft e di Mel Brooks, il suo primo libro era “Manuale per sopravvivere agli zombie”, da Stile Libero). Sul set Brad Pitt non parlava con regista Marc Foster. I preventivi di spesa furono ampiamente superati (la concorrenza parla di 250 milioni di dollari, Vanity Fair di fatture “dimenticate” in un cassetto). All'inizio dell'anno scorso era pronto un montaggio di 72 minuti e nessuno aveva idea del finale. Brad Pitt convocò Damon Lindelof di “Lost”, gli chiese qual era il suo caffè preferito da Starbucks – i produttori con il sigaro in bocca e il mobile bar si sono estinti – e gli chiese di risolvere il problema. Poteva essere un disastro, come rischiarono di esserlo il “Titanic” di James Cameron e “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola. Ma il dottore giusto ha fatto il miracolo – sì, si chiamano proprio così, “play doctor”, quelli che a Hollywood raddrizzano le storie. Così bene che “World War Z” si sarebbe potuto girare con pochi soldi. I piaceri non stanno nelle esplosioni e negli incidenti aerei, alimentati con budget da serie A, ma nella sfacciataggine del plot e nei suoi risvolti geopolitici, tipici della serie B. Nel romanzo erano più numerosi, ricostruiti con il metodo della storia orale: racconti in prima persona, da vari luoghi della terra, che raccontano il disastro già avvenuto. Nel film ne restano abbastanza per godere. L'unico stato immune dal contagio è infatti Israele. “Ma come, arriva una mail che parla di ‘zombie' e voi la prendere sul serio?”, chiede Brad Pitt a uno del Mossad. “Nessuno credeva neppure che ci avrebbero sterminati nei forni”, è la risposta. Anche il muro aiuta, attenzione però alle manifestazioni e ai canti pacifisti, potrebbero avere effetti indesiderati. Il film celebra Brad Pitt, nazareno salvatore dell'umanità (ormai solo Gesù può farcela, lo suggerisce anche “L'uomo d'acciaio” non più Superman). Chiunque gli faccia ombra scompare immediatamente, come il nerd specializzato in virologia. Sta in scena giusto il tempo per spiegare che la natura è il più fantasioso dei serial killer, e come tutti gli assassini multipli lascia tracce perché vuole essere scoperto e fermato.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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