WOLVERINE L'IMMORTALE

Mariarosa Mancuso

    Abbiamo scansato la filologia classica e la filologia romanza. Non ci faremo catturare dalla filologia wolverinica. Sappiamo quel che basta del supereroe apparso per la prima volta in una puntata anni 70 di “L'incredibile Hulk” (il tizio verde con i calzoni a brandelli, da non contraddire mai). Ha scheletro e artigli di adamantio estraibili a comando, guarisce all'istante da qualsiasi ferita (fa un po' male, ma torna comodo quando bisogna battersi con schiere di cattivi), ama gli animali e li capisce, invecchia così lentamente da essere praticamente immortale. Sappiamo quel che basta per apprezzare l'ironia e lo spiazzamento tentati da James Mangold. Non essendo J. J. Abrams fa quel che può, e comunque riesce a infastidire i fedelissimi del supereroe che da noi dovrebbe chiamarsi “ghiottone” (così sta scritto alla voce “wolverine” – trattasi di mammifero carnivoro, più orso che procione - nei dizionari italiani). Barba lunga, capelli quasi rasta, abiti stazzonati, il nostro si aggira tra le montagne dove i grizzly sono colpiti a morte dalle frecce avvelenate. Fa sogni dentro i sogni - tipo “Inception” di Christopher Nolan, senza bisogno di squadre speciali allucinogene. Non serve la millenaria saggezza giapponese per capire che non sta in pace con se stesso. Serve una bella strigliata nipponica per renderlo presentabile come nei film precedenti della serie (e in quel paradiso per le signore che era “Australia” di Baz Lurhman). Sporco e arruffato sembra Jean Valjean appena fuggito dai lavori forzati in “Les Misérables” (però qui non canta). Nel prologo lo avevamo visto a Nagasaki, un attimo prima che sganciassero la bomba atomica. Impegnato in una buona azione che non resterà impunita: molti anni dopo il salvato lo farà cercare dalla nipote, e non ha in mente un saluto prima di morire. Il combattimento sul treno superveloce è molto divertente – gli artigli servono come arpioni sul tetto del convoglio (serviranno anche sul ghiaccio, meglio delle catene per auto). Wolverine solo contro tutti, la schiena colpita da una decina di frecce, ha la sua nobiltà. Tanto più che le ferite fanno sempre più fatica a rimarginarsi, e i brutti sogni non smettono. Il duello finale, per motivi che non possiamo svelare, finisce in una partita a quattro. Pazientate durante i titoli di coda: come in “Iron Man 3” arriva una scena a sorpresa.