OH BOY – UN CAFFE' A BERLINO

Mariarosa Mancuso

    Oh boy, i tedeschi hanno scoperto il mumblecore. Il tipo di film molto acclamato al Sundance (festival che funge anche da vivaio per i virgulti) dove un giovanotto o una ragazza vedono gente e fanno cose. Non gente speciale, o cose particolari. Più la gente e le cose sono andanti, meglio il regista misura la sua lontananza da Hollywood, proclamando l'indipendenza. Non devono essere memorabili neppure le conversazioni: più adatti i bisticci tra fidanzati o il dialogo con la segreteria telefonica del moroso renitente, meglio se borbottati, sussurrati, gesticolati. Ne ha uno, lungo quanto l'intero film, la bravissima Zoe Kazan in “The Exploding Girl” di Bradley Rust Gray. Serve a perimetrare il campo, non va preso come critica collettiva. Abbiamo visto mumblecore di tremenda bruttezza (per non parlare della vanità che ammazza ogni scena) e mumblecore di rara bellezza. Il prossimo in arrivo nelle sale sarà l'incantevole “Frances Ha” di Noah Baumbach con Greta Gerwig. Oh boy, i tedeschi hanno scoperto il mumblecore. Titolo da “A Day in the Life” dei Beatles, colonna sonora jazz firmata The Major Minor's, bianco e nero da nouvelle vague: Noah Baumbach - prima di mettersi in proprio era lo sceneggiatore di Wes Anderson - lo usa per fotografare Parigi. Jan Ole Gerster – questo è il suo film di diploma, premiatissimo agli Oscar tedeschi – lo usa per fotografare Berlino, i suoi locali, la scena artistica, le curve più spettacolari della metropolitana. Qui viene in mente (non proprio un ricordo piacevole) “Marathon” di Amir Naderi, regista iraniano che vive a New York: una ragazza vuole completare 78 cruciverba in 24 ore, viaggiando nella sotterranea. Il confuso e infelice Niko si sveglia in casa di una ragazza carina, rifiuta la colazione con lei perché troppo impegnativa, per le 24 ore successive cercherà un caffé. Senza trovarlo: il primo è troppo caro (e ordinarlo più difficile che da Starbucks), un altro fuori orario (il padre che gli ha appena tagliato i viveri propone d'imperio una grappa), un terzo (sul set dove si gira un film sulla seconda guerra mondiale, cosicché l'attore con la stella gialla sul cappotto può fumarsi una sigaretta con il collega vestito da nazista). Un bel debutto girato con pochi soldi. Di tanto in tanto compiaciuto, ma neanche immaginabile nel cinema italiano.