SOLE A CATINELLE

Mariarosa Mancuso

    Ossimoro e sineddoche. Son volate parole grosse a “Pomeriggio Cinque”, durante la presentazione di “Sole a catinelle”. Il nervosismo è alto. Si capisce che Checco Zalone è qui per restare e incassare. Altrettanto chiaro è il tira e molla giornalistico. “Cado dalle nubi” fu una sorpresa (soprattutto per chi non aveva visto a Zelig le imitazioni di Jovanotti e di Giovanni Allevi, figuriamoci la ruspantissima presa in giro di Nichi Vendola su Telenorba). La prontezza di riflessi non contraddistingue i giornali italiani, nessuno ha mai avuto uno scatto di carriera per aver segnalato qualcosa prima degli altri, in materia di cultura o spettacolo. Reazioni tiepide, con l'eccezione di noi fanatici circondati dal pubblico ludibrio. “Che bella giornata” fu un record di incassi, impossibile far finta di niente: rapido ricupero, divennero tutti zaloniani. Ora il momento che fa tremare: la terza prova di Checco Zalone e Gennaro Nunziante al cinema. Da discutere preferibilmente in termini di industria (gli spettatori calano, riuscirà “Sole a catinelle” a staccarli dai divani?), di costume (crisaiolo? ottimista? buonista? politicamente scorretto? pro o contro Berlusconi?) o di sociologia (le illusioni perdute del venditore di aspirapolveri). Di comicità non parla nessuno. Guai a far notare la precisione, l'artigianato, i tempi comici azzeccati, l'alto e il basso che si mischiano, le gag da fumetto e le acrobazie verbali. Concediamo che davanti al prete don Fabergé ridiamo solo noi e quattro nostri amici. Ma la satira del film d'autore – “Eutanasia mon amour”, con l'attrice anoressica e Zalone che le offre una pagnotta – va a segno. Anche senza bisogno di uscire da “Miss Violence” del greco Alexandros Avranas, vincitore di due premi alla mostra di Venezia (da oggi nelle sale) giurando “mai più”. I ragazzini nei film italiani sono di solito leziosi e insopportabili (un primo della classe, poi): Robert Dancs – nella parte del figlio Nicolò - sembra arrivato da un altro mondo e da un altro cinema. Si ride parecchio. Per la confusione tra massoneria e masseria. Per le lezioni di respiro (il bambino povero non ha bisogno dello yoga, respira da quando è nato). Per la maestra democratica in bicicletta. Per la partita Iva “che vibra nei nostri cuori”. Per “Noi siamo di Equitalia”, che si becca in risposta “Siamo cattolici qui”. Per “le ali tappate”, nella canzonetta “Dove ho sbagliato”, doppio salto mortale riuscito senza inciampi.