MOLIERE IN BICICLETTA
Jimmy Fontana non era ancora morto e già i registi gli rendevano omaggio. Richard Curtis mette “Il mondo” nel suo ultimo film “Questione di tempo” (viaggi nel passato, una fissazione: l'ultimo della serie è il recidivo Andrew Sean Greer che da Bompiani pubblica “Le vite impossibili di Greta Wells”, dopo aver fatto uscire da Adelphi “Le confessioni di Max Tivoli”). Da britannico orgoglioso dei Beatles fa commentare a Bill Nighy: “L'unica bella canzone mai scritta da un italiano”. Philippe Le Guay aveva già messo “Il mondo” in questo “Molière in bicicletta”, girato due anni dopo “Le donne del sesto piano”: chambres de bonnes parigine occupate da domestiche spagnole, Fabrice Luchini che molla al piano nobile la moglie e la giusta cottura dell'uovo per un po' di flamenco. Lo ritroviamo qui, misantropo all'Ile de Ré, collegata a La Rochelle da un ponte lungo tre chilometri (per licenza poetica, non viene mai inquadrato). Ha smesso di fare l'attore, se ne sta rintanato in una casa che cade a pezzi con la sola compagnia dell'addetto alla fossa settica. In quel mentre lo sorprende Lambert Wilson, arrivato da Parigi per proporgli una messa in scena di Molière. Come comprimario: nella parte di Filinte e non di Alceste, il “Misantropo” del titolo. Fogna puzzolente e collega rompicoglioni arrivato da Parigi, con l'aggravante di essere famoso per una serie televisiva dove fa il dottore che salva vite con un pathos e una recitazione melodrammatica sconosciuti al Dottor House. Bastano per irritare Fabrice Luchini e mostrarne le strepitose doti d'attore (ci mancavano da “Nella casa”, di François Ozon: gran film su quel che usiamo chiamare “romanzesco”). Figuriamoci cosa succede quando Lambert Wilson si mangia una sillaba del testo francese. Tuoni, fulmini, insulti, allusioni al lavoro alimentare – più avanti, vedremo qualche ignobile scena della serie – e sguardo sprezzante come solo a Luchini riesce. Tutto avviene recitando i passi adatti di Molière, che i due per quieto vivere faranno scambiandosi i ruoli ogni sera. Le dispute di Alceste e Filinte rispecchiano le scaramucce casalinghe: il puro che si ritira perché il teatro non è più quello di una volta, l'impuro che invece cerca di adattarsi alle situazioni e trarne vantaggio. Se ne dicono di tutti i colori: la lingua è d'altri secoli, con i suoi raffinati giri di frase, ma gli insulti son feroci.
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