
SAVING MR. BANKS
“Il cliente può avere la sua Ford T nel colore che desidera, purché sia nero”. Era la regola di Mr. Ford quando le prime automobili uscirono dalla catena di montaggio. “Walt Disney può girare 'Mary Poppins', purché non ci metta canzoni, animazione, pinguini, parole inventate, colore rosso, zucchero e sentimentalismo”. E' il diktat di Pamela Travers, l'australiana che inventò la governante con l'ombrellino e la borsa delle meraviglie. Sappiamo come è finita: il film, campione d'incassi nel 1964, ha i pinguini, le canzoni, l'animazione, il supecalifragilistichespiralidoso, il colore rosso e lo zucchero che aiuta a mandare giù la pillola. Aveva bisogno di soldi, per questo Pamela Travers cedette al corteggiamento durato 20 anni, su consiglio del suo agente (lei avrebbe preferito restare a casa, magari dando una ripassata al libro di Gurdjieff in bella mostra sul tavolino). Partì per Los Angeles, dove non le piaceva nulla, a cominciare dal gigantesco Mickey Mouse che Walt Disney le fece trovare nella suite - e dove pretese che le riunioni di sceneggiatura fossero registrate. Trovava blasfemo bere il tè in bicchieri di carta, era convinta che Disneyland fosse una macchina per stampare dollari, non voleva essere chiamata Pamela, si lamentava per la sceneggiatura, che secondo lei mancava di “gravitas”, oltre che di cuore e senso della realtà (39 ore di nastri hanno fornito i dettagli). Walt Disney aveva fatto una promessa alle figlie, e alla fine la spuntò. Il “come” è la parte debole del film. Finché resta dentro gli studi di Burbank funziona benissimo, raccontando i sempre interessanti retroscena sulla lavorazione (ormai è un genere, abbiamo già avuto “The Girl” di Julian Jarrold e “Hitchcock” di Sacha Gervasi, ma qui non ci sono pettegolezzi, visto che “Saving Mr. Banks” è prodotto dalla Disney). O le eterne lotte degli scrittori contro i registi: i rapporti tra i due rimasero ben più tesi di quel che si vede nel film. Il problema sono i flashback australiani, con Colin Farrell che fa il padre amatissimo della piccola Pamela. Tutto viene riportato all'infanzia, e illustrato nei dettagli, e ripetuto un'altra volta, e sottolineato fino allo sfinimento. Il trauma non impedì alla scrittrice più amata dai bimbi di separare una coppia di gemellini, adottando uno solo dei due, perché così le avevano suggerito le stelle.


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