WE ARE THE BEST!

Mariarosa Mancuso

    Esce con ritardo – era l'anno scorso alla mostra di Venezia. Segno che il distributore non ci crede troppo, destino condiviso dalla piccola schiera di film lanciati senza paracadute in vista dell'estate (discorso stantio, a farlo ormai ci annoiamo anche noi, ma bisogna pur rintuzzare la litania “allunghiamo la stagione”, ripetuta senza la volontà di passare dalle parole ai fatti). Per serendipity, o per fortunata coincidenza, “We Are the Best!” arriva in sala contemporaneamente a “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher (il film preferito da Goffredo Fofi, basta come sconsiglio?) e a “Incompresa” di Asia Argento. All'una e all'altra regista lo svedese Lukas Moodysson offre gratuitamente una lezione di scrittura. Insegna che a partire dai ricordi d'infanzia – in questo caso non suoi ma della moglie Coco Moodysson, che alla banda di punkettine tredicenni aveva dedicato una graphic novel – si può costruire un film molto divertente, capace di attirare più spettatori degli stretti parenti. Basta impegnarsi. Nel 1982 il punk è morto anche a Stoccolma, il fratello più grande ha tradito e ora ascolta i Joy Division (sa ancora però come si fanno gli spike ai capelli con il sapone). Le ragazzine non hanno gli strumenti, improvvisano i primi brani rubando le pentole in cucina, di musica sanno pochissimo, vorrebbero partecipare al saggio scolastico ma sono in ritardo per l'iscrizione. Intanto sul palchetto sfilano cover degli Abba, prestigiatori dilettanti, dicitori di poesie e una bionda con la chitarra accolta al grido di “spogliati spogliati”. Sarà lei la terza ragazza del gruppo, dopo una bella rapata a zero che fa urlare allo scandalo sia la sua religiosa famiglia sia la scuola progressista. In casa delle altre due, una madre che cambia fidanzato ogni sera (la figlia cena scaldando i bastoncini di pesce nel tostapane), rispettivamente una coppia moderna e nordica che litiga sui turni del bucato. Le piccole punk ricordano “Persepolis”, il fumetto e il film – autobiografici – che Marjane Satrapi ambienta a Teheran. Sembrano le sorelline di Shaun, lo skinhead dodicenne con le scarpe Dr Martens che abbiamo conosciuto – e adorato – in “This is England” di Shane Meadows. In buona compagnia, dal film sono state tratte in Gran Bretagna due miniserie televisive. Incantevoli le tre ragazzine, ben dirette da un regista che sa trasformare una storia personale in una storia universale.