GABRIELLE

Mariarosa Mancuso

    Il film è incolpevole, ma di “voci fuori dal coro” non ne possiamo più. Chiunque si ritiene tale, come chiunque era convinto di somigliare a Barney Panofsky dopo aver letto il romanzo di Mordecai Richler: purtroppo per queste miopie non ci sono occhiali o operazioni laser che tengano (come non ci sono rimedi che curino le stonature letterarie di certi romanzi candidati al premio Strega: Antonio Scurati vorrà scusarci se non procediamo alla solita pioggia di citazioni, riprendere in mano “Il padre infedele” è compito superiore alle nostre forze). Il film scritto e diretto dalla canadese Louise Archambault non ha colpe. Gabrielle canta nel coro che prepara un grande spettacolo con la star canadese Robert Charlebois, settantenne con i riccioli e l’aria corrucciata che provvede alla colonna sonora del film. Gabrielle soffre di una rara malattia genetica che associa ritardo mentale, grande orecchio per la musica e socievolezza estrema, conosciuta in letteratura come “personalità da cocktail party” (registrata la disinvoltura di certe definizioni, possiamo tralasciare le precisazioni sui caratteri somatici, pare di leggere Cesare Lombroso). Gabrielle ha 25 anni, canta bene e fa tenerezza, ma nella prima parte la regista esagera con la canzone-tormentone “Ordinary Guy”, come se volesse testare la pazienza dello spettatore. Poi il film prende. O per sindrome di Stoccolma (abbiamo pagato il biglietto, alzarsi pare brutto, magari siamo al cinema in compagnia e non vogliamo contrattare). Oppure per commozione: al Festival di Locarno 2013 il film vinse il premio del pubblico, segno che qualcosa era scattato. Noi abbiamo fatto il giro lungo, apprezzando il film più con la testa che con il cuore. Archiviate le prime impressioni – più o meno: se canta un’altra volta sarà dura arrivare in fondo; la protagonista Gabrielle Marion-Rivard (che della sindrome di Williams soffre davvero) buca lo schermo, ma se per due minuti esce di scena non ci mancherà – abbiamo apprezzato il cambio di rotta. Verso la storia d’amore. A Gabrielle, che vive in una casa protetta, piace cantare e ancor più piace Martin, colpito dalla stessa rara malattia e assillato da una madre sentinella tra lui e il resto del mondo. Non ha fatto i conti con la cocciutaggine di Gabrielle, decisa ad amoreggiare con il suo bello contro tutto e tutti. Vien comodo il sottopalco, in mancanza d’altro.