CHEF – LA RICETTA PERFETTA
Un altro critico preso a male parole dal criticato. Si aggiunge al vampireggiante arbitro gastronomico che in “Ratatouille” abita in una casa gotica a forma di bara.
Un altro critico preso a male parole dal criticato. Si aggiunge al vampireggiante arbitro gastronomico che in “Ratatouille” abita in una casa gotica a forma di bara. A Leonard Maltin (titolare del repertorio cartaceo che consultavamo prima dell’avvento di Imdb) tra gli artigli dei Gremlins che lo torturano con la pellicola. Al sapientone che in “Lady in the Water” di M. Night Shyamalan crede di aver sgamato la trama del film, e ne ricava che avrà salva la vita. “Non li chiamavamo criticoni, li chiamavamo invidiosi” urla il cuoco Jon Favreau, precisando a Oliver Platt che il cuore molle del tortino al cioccolato non è semplicemente poco cotto ma fuso con una tecnica particolare. La retrocessione coincide con i blogger e con l’avvento di Twitter, la sfuriata diventa virale, e in “Chef” assistiamo al delirio dell’impiattamento. Anche a casa, quando lo chef in disgrazia cucina per Scarlett Johansson, gli spaghetti – sugo di cipollotto e peperoncino, visto che nessuna affettatura viene risparmiata e i ritmi sono da programma tv – sono modellati a chignon e posati nel piatto aiutandosi con il ditone. Nel retrobottega si fa, non abbiamo dubbi, anche Julia Child nelle sue trasmissioni rimetteva nella teglia il tacchino caduto per terra (“tanto, chi vi vede?”) nel loft fa più impressione. Lo chef ha una moglie divorziata e un figlio giovinetto che trascura per andare al farmer’s market. Ovvio che alla fine del film troveranno il modo per riscoprire i genuini valori della vita e della pulizia con olio di gomito. Complice un camioncino dove preparare sandwich cubani unti con il burro prima della passata sulla piastra e yucca fritta. Il regista Jon Favreau fa lo stesso percorso del suo personaggio. Aveva cominciato come sceneggiatore e attore (a fianco di Vince Vaughn) nel film indipendente “Swingers” diretto da Doug Liman. Era passato ai blockbuster con i due primi “Iron Man”. Molla gli effetti speciali con “Chef”: cast più che rispettabile - ci sono Dustin Hoffman e Robert Downey jr (per amicizia, qualsiasi agente avrebbe sconsigliato) – e ahimè sceneggiatura al minimo sindacale, tra cibo di strada e un intermezzo musicale in stile Buena Vista Social Club. I tweet in sovrimpressione, con cinguettìo d’accompagnamento, risultano di una terribile ingenuità, assieme alla spiegazione su come funziona il social network per l’acchiappo delle ragazze.
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