DUE GIORNI, UNA NOTTE
Marion Cotillard aveva una discreta carriera alle spalle quando Olivier Dahan scelse lei per impersonare Edith Piaf in “La vie en rose”.
Marion Cotillard è dal 2007 l’attrice francese da esportazione. Aveva una discreta carriera alle spalle – un po’ film d’assalto al botteghino come la saga “Taxxi”, inventata da Luc Besson, un po’ registi di culto cinefilo come Jean-Pierre Jeunet – quando Olivier Dahan scelse lei per impersonare Edith Piaf in “La vie en rose”. Un casting che in Francia fu un un affare di stato: serviva molto coraggio per indossare i panni della star afflitta da un intreccio di disgrazie che neanche il romanziere più spudorato avrebbe avuto il coraggio di concentrare in una vita sola. Fu partorita per strada – o almeno così voleva far credere – nel quartiere oggi modaiolo di Belleville (prima di Daniel Pennac e della sua Pennivendola, un postaccio da evitare). Fu cresciuta in un bordello. Cantò sui marciapiedi con il cappello per le monetine. Si innamorò del pugile Marcel Cerdan – rivale di Jack LaMotta – che interruppe gli allenamenti a New York per una scappata parigina, e l’aereo si schiantò sopra le Azzorre. Marion Cotillard vinse la scommessa – anche un Oscar come migliore attrice, il primo a una star che recitasse in francese – trascorrendo ore al trucco e lavorando in playback sulle incisioni originali. Dal 2009 è Lady Dior, nelle fotografie di Annie Leibovitz e negli spot diretti da David Lynch (che solo su commissione ormai riesce a girare qualcosa di guardabile). Ha lavorato con Woody Allen, James Gray (un ruolo strappalacrime in “C’era una volta a New York”), Christopher Nolan, Steven Soderbergh. L’ultimo posto dove pensavamo di vederla era un film dei fratelli Dardenne: registi belgi e neorealisti, attenti ai vecchi e ai nuovi poveri, agli adolescenti affamati, alle bici rubate, ai commerci di bambini o di cittadinanze, due volte premiati con la Palma d’oro al Festival di Cannes. Fa l’operaia appena licenziata da un ditta di pannelli solari: troppe assenze per malattia, i colleghi si sobbarcheranno il suo lavoro ricevendo in cambio mille dollari di bonus. I due giorni e una notte del titolo servono per convincerli a cambiare idea, il padrone ha concesso una nuova votazione. Come raramente capita nei film dei Dardenne, qui abbiamo una trama – fa da modello “La parola ai giurati” – e la macchina da presa si muove molto meno del solito. Più difettoso il reparto costumi: jeans e canottiera rosa, da cui spunta la spallina di un reggiseno che da solo vale una settimana di paga.


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