WORDS AND PICTURES

Mariarosa Mancuso

Un’immagine vale più di mille parole? L’insegnante d’arte dice sì, l’insegnante di inglese dice no.

    Un’immagine vale più di mille parole? L’insegnante d’arte dice sì, l’insegnante di inglese dice no. Il regista australiano di “Sei gradi di separazione” (il film che nel 1993 lanciò la carriera del giovane Will Smith, da quando usiamo internet il numero di gradi andrebbe ricalcolato) decide che la questione va presa sul serio e sviscerata per un ora e mezza. Schiera Clive Owen, professore di inglese nel Maine con problemi di alcolismo, contro Juliette Binoche, professoressa d’arte con l’artrite reumatoide che gira con la stampellla e non riesce a svitare il flacone delle medicine (soluzione: una martellata). “In principio era la parola”, spiega lui, che paragona i tweet agli Haiku. “Le parole sono trappole”, ribatte lei, che nel film si chiama Dina del Santo, per tutti la “professoressa ghiacciolo” (si scioglie, poi si scioglie, e intanto le lezioni offrono l’occasione per esporre i quadri dipinti da Juliette Binoche, che così allunga la lista degli attori-pittori: Tony Curtis, Gina Lollobrigida, Cheeta la scimmia di Tarzan). Nel tempo libero, i prof si sfidano a trovare parole con molte sillabe, e a nessuno dei due viene il mente in “supercalifraglistichespriralidoso” di Mary Poppins. Lei ha picchiato uno studente, ma poi si scopre che era un insegnante. Lui dice di sé “non sono un brav’uomo ma un bravo insegnante” (meglio vedere l’attore nella serie “The Knick” di Steven Soderbergh, bisogna resistere al parto cesareo di inizio novecento, anestesista con la pompetta, poi la strada è in discesa). Le parole dicono una cosa e le immagini ne dicono un’altra in “Tre tocchi” di Marco Risi, anche questo nelle sale dallo scorso giovedì (assieme altri 11 titoli, e se vi sembrano tanti aspettate la prossima settimana: i film in uscita saranno quindici, tra un po’ saranno gli spettatori a farsi pagare). Le parole raccontano sei attori alle prese con un provino - sempre lo stesso monologo, alla fine del film lo sappiamo a memoria anche noi. Le immagini suggeriscono una fascinazione per i travestiti, i maschi in sottoveste di pizzo, le labbra truccate di rosso senza radersi la barba, gli scaldamuscoli e le piroette da ballerina classica: tra Pedro Almodóvar e Conchita Wurst. I fan dicono “pasoliniano”, per via di qualche partita di calcetto e il ristorante dell’ultima cena con Pino Pelosi: ma dove l’hanno mai visto, in Pasolini, un Marco Giallini che si smalta le unghie dei piedi?