MOMMY

Mariarosa Mancuso

Karl Kraus trovava ragionevole che un cane alzasse la gamba prima di pisciare, meno ragionevole  che uno scrittore leggesse prima di scrivere .

    Karl Kraus trovava ragionevole che un cane alzasse la gamba prima di pisciare, meno ragionevole  che uno scrittore leggesse prima di scrivere (i suoi “Detti e contraddetti” stanno nel catalogo Adelphi da decenni, lo ha rispolverato Jonathan Franzen, trascurando un piccolo particolare: gli aforismi del genio viennese hanno spesso la lunghezza dei tweet che l’americano detesta). Torna in mente Karl Kraus quando leggiamo la lista dei film che Xavier Dolan – in un’intervista uscita lo scorso ottobre su Première – considera decisivi per la sua formazione: “Mamma ho perso l’aereo”, “Matilda 6 mitica”, “Jumanji” con Robin Williams, “Batman - Il ritorno” di Tim Burton con il pinguino Danny DeVito. Un fritto misto di titoli anni 90, quando il giovanotto, oggi venticinquenne, era nell’età impressionabile (tra le ultime uscite predilige l’ironia pop, con qualche scivolata nel melodramma, di “I guardiani della galassia”). Segue la lista dei film mai visti, per esempio “Apocalypse Now”, raccontato senza vergogna dilungandosi sulla scena iniziale con Marlon Brando (bluff facilmente smascherabile: lì Marlon Brando compare solo in fotografia). La lista dei film amati e dei capolavori ignoti conferma la legge numero uno del talento: non serve sapere di letteratura per scrivere un bel romanzo né serve essere cinefili per girare un bel film. Xavier Dolan ignora la storia del cinema, ma il talento indiscutibilmente lo possiede, da quando aveva vent’anni e nel 2010 presentò a Cannes “J’ai tué ma mère”: un ragazzino pestifero che per odio verso la madre si finge orfano. Oltre al talento, ha l’energia e la passione. Alla Mostra di Venezia, nel 2013, Bernardo Bertolucci presidente della giuria ignorò il tesissimo “Tom à la ferme”: inutile sperare che un ex ragazzo prodigio riconosca il nuovo che appare all’orizzonte. E c’è voluto un certo gusto perverso, quest’anno a Cannes, per spartire il premio della giuria tra “Mommy” – il quinto film di Dolan (figlio d’arte, anche attore e doppiatore) – e l’inguardabile “Adieu au langage” di Godard, peraltro detestato dal giovane regista: “Il cinema non è una palestra per giochi di parole”. Ancora una mamma e un figlio, piromane e facile alle furie. Bastano, con tre attori strepitosi, per un film che sembra in presa diretta ed è invece costruito con la massima cura. A partire dal formato dell’immagine, quadrato come le foto su Instagram.