BIG EYES

Mariarosa Mancuso

Erano spaventosamente brutti. L’orrore di “Big Eyes” sta nei quadri firmati Walter Keane, popolarissimi nell’America degli anni Sessanta.

    Erano spaventosamente brutti. Bambini e bambine con gli occhioni dalle pupille dilatate, i vestitini lisi da orfanelli, in braccio un gattino, un cagnolino, un peluche trovato nella spazzatura o altri ammennicoli atti a suscitare tenerezza, sullo sfondo vicoli o macerie. L’orrore di “Big Eyes” sta nei quadri firmati Walter Keane, popolarissimi nell’America degli anni Sessanta. Intervistato da Life, l’imbrattatele corredò i dipinti con una storia strappacuore: era studente nell’Europa del Dopoguerra, vide i bimbi poveri e stracciati, sentì il dovere di fissare sulla tela tanta sofferenza. L’idea dei mocciosi – qualcuno con la lacrima ricattatoria, i compratori dicevano “carini”e firmavano l’assegno – era in realtà della seconda moglie Margaret. Walter se ne appropriò, le fece da agente e da imbonitore (“i quadri delle donne non si vendono”, sosteneva), la chiuse in uno stanzino puzzolente di trementina e le fece sfornare centinaia di mocciosi. Per chi non poteva permettersi un Keane originale, stampava cartoline e manifesti (non era esattamente quel che aveva in mente Walter Benjamin, quando parlava dell’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, ma il conto in banca della coppia se ne giovò). La truffa – perpetrata agli inizi con la complicità della pittrice consorte – fu scoperta nel 1986. Margaret, nel frattempo diventata Testimone di Geova e fuggita alle Hawai con la figlia – che la perfidia di Tim Burton fa somigliare man mano che il film procede ai bambocci con gli occhioni – ebbe un tardivo attacco d’orgoglio e confessò tutto a una radio di Honolulu. Il processo finì con una prova pratica: tele, colori, pennelli, un’ora per dipingere un quadro in stile Keane (allo stesso modo il falsario più famoso del novecento, l’olandese Han van Meegeren, dimostrò in tribunale di non aver venduto a Hermann Göring un prezioso Vermeer raffigurante “Cristo e l’adultera”: l’aveva dipinto lui, per vendetta contro chi in gioventù lo aveva considerato un artista fallito). La follia a due dei Keane – Amy Adams e Christoph Waltz, lei bravissima lui un po’ sopra le righe, non solo perché la parte dello spacciatore di croste lo richiede – ha per contorno il perfido critico Terence Stamp (gemellato con Anton Ego di “Ratatouille”) e il gossipparo Danny Huston. Tim Burton garantisce con sua firma una curiosa storia che nessun falsario oserebbe mai spacciare come un film di Tim Burton.