
HUNGRY HEARTS
Leggevamo libri esoterici che insegnavano a prendersi cura dell’aura e spiegavano come ritrovare il contatto con il proprio Spirito Guida liberando le energie sottili del nostro essere più profondo.
Leggevamo libri esoterici che insegnavano a prendersi cura dell’aura e spiegavano come ritrovare il contatto con il proprio Spirito Guida liberando le energie sottili del nostro essere più profondo. Avevamo affrontato ‘La via del guerriero di pace’ di Dan Millman, eravano passati per ‘Antiche terapie essene e lettura dell’aura’ di Anne Meurois-Givaudan e avevamo concluso con ‘La forza che è in te’ di Rosemary Altea”. Dalle cattive letture alla convinzione che il nascituro sarà un “bambino indaco”, messaggero e creatore di una nuova era, il passo è breve. Accade nel romanzo di Marco Franzoso - appunto “Il bambino indaco”, uscito da Einaudi nel 2012 – che Saverio Costanzo ha adattato in questo film, trasferendo la vicenda dal nordest italiano a New York. Mina e Jude (così si chiamano nel film, gli attori sono Alba Rohrwacher e Adam Driver, entrambi premiati alla Mostra di Venezia con la Coppa Volpi, lei a rimorchio di lui sennò sarebbe stato uno scandalo) fanno conoscenza nei bagni di un ristorante cinese con la porta difettosa. La scena colpisce per naturalezza e vivacità, perfino Alba Rorhwacher – per definizione “intensa”, il che significa perlopiù immobile e con gli occhi sgranati, a segnalare una tormentata vita interiore mai però affiorante in superficie - tira fuori un po’ di grinta. Purtroppo il resto del film non ha lo stesso ritmo e la stessa tenuta. I due si sposano, lei resta incinta, comincia il delirio, prontamente segnalato dal regista con una serie di inquadrature deformate (ma a che servono le attrici meritevoli di Coppa Volpi se tutto si risolve con un obiettivo inusuale?). Il bambino indaco non va vaccinato, va nutrito solo con cibi naturali purché erbacei, vietatissima la carne. “Una profonda riflessione sulla genitorialità ai tempi degli Ogm”, scrive Giancarlo Zappoli sul sito MyMovies: francamente un po’ troppo, per una storia di amore materno accecato dai precetti alimentari che hanno sostituito i giorni di magro e la quaresima. Intanto il padre cerca di rimediare portandosi il neonato in chiesa e nutrendolo di prosciutto. Risolto il primo attacco di follia con gli specchi deformanti, ne arriverà un secondo da cinema horror. Senza che Saverio Costanzo abbia deciso da che parte stare: ama troppo il suo personaggio di madre fanatica – “chi sono io per giudicare?” – per renderlo credibile agli spettatori.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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