TOMORROWLAND

Mariarosa Mancuso
Nel 2003 la Disney prese spunto da una delle sue attrazioni per “I pirati dei Caraibi – La maledizione della prima luna”.

Nel 2003 la Disney prese spunto da una delle sue attrazioni per “I pirati dei Caraibi – La maledizione della prima luna”. L’origine poco nobile fece storcere il naso (ma come, almeno adattare un libro, un racconto, un classico per l’infanzia, non un galeone con sopra figuranti mascherati, e ogni tanto un secchio d’acqua a simulare la tempesta). Quanto agli incassi, i corsari a Hollywood erano considerati veleno al botteghino: nessuno era mai riuscito a ricavarci soldi in quantità bastante a coprire le spese (man mano che il film si avvicinavano alla nostra suscettibile epoca, c’era il rischio di essere denunciati per Capitan Uncino e il suo moncherino). Come è finita si sa: Johnny Depp con gli occhi truccati come Keith Richards sotto la bandana, una delle più redditizie saghe fabbricasoldi da quando esiste il cinema. Ci asterremo quindi dal commentare l’origine – altro parco a tema – di “Tomorrowland”. Può darsi che anche questa volta abbiano ragione loro. Ma finora l’unico risultato accertato è il dolore per come sono finiti Brad Bird (regista per la Pixar di “Gli incredibili”) e Damon Lindelof di “Lost”: speriamo almeno si sia goduto l’assegno miliardario stanziato dagli eredi di Walt per il disturbo, anche lui ha bisogno di mettere “un po’ di burro sugli spinaci”, come dicono i francesi in caso di prestazioni alimentari. L’incontro e poi i battibecchi tra il brontolone pessimista – l’ex bambino prodigio George Clooney, ora scienziato disilluso – e la ragazzina ottimista con un debole per la scienza non sono di primissima scelta, e non servivano due campioni come Bird & Lindelof per organizzarli. Un po’ di confusione distoglie dal punto debole: il regista lavora di effetti speciali, anche in 3D, lo sceneggiatore aggiunge complicazioni inutili, tanto che un critico ha parlato di “Interstellar” a misura di ragazzini (in realtà, per genitori, i ragazzini hanno capito l’originale, beati loro). Nel mondo parallelo di “Tomorrowland” tutto è possibile: passiamo due ore in un bric à brac di idee, oggetti, situazioni prese da altri film, con la coerenza di chi espone le vecchie cose sul banchetto per la vendita di beneficenza. Accelerare il ritmo non serve: se un dettaglio è inutile o sviante, lo rimane. Specialmente se la morale della favola mette insieme speranze per il futuro, società multiculturale, destino del pianeta: frullati e molto zuccherati.

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