THE DRESSMAKER - IL DIAVOLO E' TORNATO

Mariarosa Mancuso

Dungatar in Australia come Gullen in Svizzera, più o meno mezzo secolo fa. Il nome nel dialetto svizzero-tedesco significa “letamaio”: giusto per chiarire cosa Friedrich Durrenmatt pensasse del villaggio – immaginario, ma molto somigliante ai veri – dove aveva ambientato “La visita della vecchia signora”. La vecchia dama era Claire Zachanassian, cacciata anni addietro come ragazza povera e scostumata. Torna nel paesello natio da miliardaria, grazie a una serie di vedovanze azzeccate. I contadinotti stanno preparando le celebrazioni, ma lei vuole vendicarsi (in maniera non facilissima da sgamare) del moroso che la mise incinta e pagò un paio di balordi perché si prendessero la colpa. Sulla testa del mascalzone la dama ha deciso di mettere una taglia cospicua. Il seguito ha molti interessanti snodi, Durrenmatt è certamente più bravo di Rosalie Ham, la romanziera saccheggiata dalla regista Jocelyn Moorhouse, moglie di P. J. Hogan (lui era il regista di “Le nozze di Muriel”, lei la produttrice, e poi Hogan ebbe un altro momento di celebrità con “Il matrimonio del mio migliore amico”, così vecchio che Rupert Everett era un leggiadro giovanotto e non il padre della giovane regina Elisabetta). A Dungatar, nottetempo, arriva da Parigi una bella donna come Kate Winslet. Deve accudire l’anziana mamma che la spedì in Europa ragazzina. Anche lei torna ricca, spietata, con la sua vendetta da compiere (ago, filo, metro da sarta e macchina per cucire: appunto, “The Dressmaker”). Il primo a incontrarla è Horatio, agente di polizia con un segreto. La vede, e pronuncia una sola parola: “Dior”. Ha lavorato infatti nell’alta moda, e sa come sedurre chi prima l’ha cacciata. Si presenta a bordo campo – da rugby – con un abito fasciato rosso degno di Marilyn Monroe in “Niagara” (quello che fa dire alla vicina di bungalow – quando il marito le chiede “perché non ti metti mai un abito come quello?”: “Per mettersi un vestito così bisogna esserci nate”). Kate Winslet non ci è nata, però ci ha lavorato parecchio. a bordo campo con un lunghissimo bocchino, guanti lunghi, e sculetta mandando in confusione i giocatori. Siamo nel 1951, quando bastava togliere gli occhiali e sciogliere i capelli a una ragazza per renderla sexy. Figuriamoci cosa poteva fare un vestito scollato e modellato nei punti giusti. Ben confezionato anche il film.

 

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