PERICLE IL NERO

Mariarosa Mancuso

Buon segno che il cinema italiano abbia finalmente deciso di misurarsi con i generi. Sta scritto dappertutto, con diffusa smemoratezza: anche le commedie sono un genere, e il cinema italiano le pratica fin troppo. Sotto etichetta “film di genere” finisce di tutto: titoli come “Non essere cattivo” (era una pellicola d’autore, del defunto Claudio Caligaris venerato dai cinefili). Come “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti, la storia più pop del cinema italiano (eravamo tentati di aggiungere “recente”, ma in effetti mancava da decenni). Come “Veloce come il vento” di Matteo Rovere, tratto da una storia vera accaduta sui circuiti automobilistici e resa sullo schermo con bravura e speditezza. Unendo i puntini, si scopre che in quei titoli e articoli per “film di genere” si intende perlopiù un film con i requisiti minimi per essere considerato tale: una trama, personaggi costruiti, un regista disposto a misurarsi con il pubblico (senza accusare gli spettatori di imbecillità nel caso non apprezzassero la sua fatica). Nei film di genere “all’italiana” entra anche questo “Pericle il nero”, e almeno lui rispetta le regole d’ingaggio valide anche in altre cinematografie. E’ tratto da un bellissimo noir di Giuseppe Ferrandino, uscito con lo stesso titolo da Granata Press (senza che nessuno se ne accorgesse), tradotto in Francia nella mitica Série Noire, e poi ripreso da Adelphi nel 1993. Con molto successo, e in effetti era difficile non restare impigliati nella frase: “Mi chiamo Pericle Scalzone, di mestiere faccio il culo alla gente”. Seguivano i dettagli: per conto terzi (tale Luigino Pizza che così puniva i disobbedienti); un sacchetto di sabbia per tramortire la vittima, un pesce drizzabile a comando (“tu mi dici drizza, e io drizzo”), misure medie (“non devo fare male, devo solo svergognare”). Ripete questo e altro nel film la voce fuori campo, che regala al personaggio – l’attore è Riccardo Scamarcio, capelli unti raccolti in cima alla testa – tutto il suo spessore. Le immagini al neon, la recitazione, lo spostamento della fuga di Pericle (ha combinato un pasticcio durante una spedizione punitiva in chiesa, il prete aveva alluso alle malefatte di don Luigino) da Pescara a Calais per farne una coproduzione internazionale aggiungono poco. La storia d’amore con la panettiera va contro le regole del genere.

 

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