GHOSTBUSTERS

Mariarosa Mancuso

Siamo circondati. Dai ragazzi degli anni Ottanta, dovevamo capirlo dalla riapparizione dei Moncler. Dettano legge su “Netflix”, che a loro dedica “Stranger Things”, titolo fotocopia dell’astuto romanzo di Stephen King intitolato “Needful Things”. “Cose preziose” nella traduzione italiana, e perfettamente in linea con l’operazione nostalgia. Funziona così: il diavolo ha un negozio da rigattiere, con la figurina che ti mancava a scuola o il berretto che sognavi. In cambio non vuole soldi, chiede solo un piccolo favore. Per esempio scrivere qualche parola su un biglietto da infilare nella bucalettere del vicino. Tu non sai perché lui reagirà male, ma il diavolo sì (e di ricordino in ricordino la cittadina esplode di rabbia e delitti). Dettano legge nel marketing, perché sono gli ultimi ad avere soldi per ricomprarsi cose che la mamma ha buttato via. Dettano legge al cinema, sputando sul remake di “Ghostbusters”, il film di Ivan Reitman uscito nel 1984 (i ragazzi degli anni Novanta lo ricordano invece per “Ricomincio da capo” – sì, insomma, il giorno della marmotta – e “Terapia e pallottole”).

 

Il remake non l’aveva ordinato il dottore, però tra i produttori c’è Dan Ackroyd: uno degli acchiappafantasmi del film originale, sarcastico con i disturbatori: “Zecche, avete a malapena i soldi per la connessione a internet”. Non era neanche necessario girarlo con quattro donne, non fosse che il regista vuol dimostrare – film dopo film, cominciando con “Le amiche della sposa” – che le femmine possono far ridere quanto gli uomini, e soprattutto far incassare quanto gli uomini (che tenerezza, si parla ancora di donne e di uomini, non di supereroi o di supereroine, mentre Wonder Woman è già su tutte le copertine, con un anno d’anticipo sull’uscita del film). Fanno ridere, ma non sempre, e certi scambi veloci son massacrati dal doppiaggio. Per esempio, il colloquio per l’assunzione del segretario – uno scemissimo Chris Hemsworth che inciampa, non sa rispondere al telefono, e porta occhiali senza lenti così non si sporcano. La caccia ai fantasmi rifà il vecchio film. L’ingegnera Kate McKinnon è la più bella e la più brava. La nera Leslie Jones fa parte dell’operazione nostalgia: era ugualmente inutile il nero Ernie Hudson nel film originale. Forse anche ugualmente ridicolo, ma allora non c’erano i social e la passò liscia.

 

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