CAFE' SOCIETY

Mariarosa Mancuso

di Woody Allen, con Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Blake Lively, Steve Carell

 

    Ottant’anni e non sentirli, se guardiamo alla scelta degli attori, alla recitazione, alla messa in scena, alle battute, all’ingranaggio narrativo di “Café Society”. 80 anni e cominciarli a sentire, se invece stiamo attenti alle Grandi Domande che Woody Allen piazza qua e là nel suo film, il numero 47 in una lista che dopo “Blue Jasmine” aveva avuto più bassi che alti. Prima di “Blue Jasmine” andava su e giù. Avevamo dato il regista per perso all’inizio degli anni 90, con lo stantio “Misterioso omicidio a Manhattan”. “Pallottole su Broadway” fu la sua rivincita, “Harry a pezzi” completò il trionfo. Credevamo di averlo perso un’altra volta all’inizio degli anni zero, con “La maledizione dello scorpione di giada”. La rivincita fu “Match Point”, con il generoso contributo di Scarlet Johansson. Mai dire mai. Franato con “To Rome With Love” e “Magic in the Moonlight”, “L’ultimo genio” – titolo della biografia autorizzata di Natalio Grueso appena uscita da Ponte alle Grazie, tanto autorizzata che il nome di Mia Farrow compare tre volte soltanto – risorge con “Café Society”. Hollywood anni Trenta, con tramonti color caramello e piscine blu cobalto a far da sfondo (frutto del matrimonio tra il digitale e il direttore della fotografia Vittorio Storaro). Jesse Eisenberg – nel film si chiama Bobby Dorfman – arriva da New York in cerca dello zio Steve Carell, agente delle star che lavora anche alle feste, a giudicare dalla cascata di nomi che non dimentica nessun attore o produttore allora celebre. Troverà sulla sua strada Kristen Stewart – Veronica detta “Vonnie”: segretaria dello zio, colpo di fulmine, spartiacque tra i sogni e la realtà. Provvedono alle Grandi Domande la voce fuori campo di Woody Allen – nella versione originale toccano a lui le spintarelle alla trama – e il resto della famiglia Dorfman rimasta a New York. Un gangster che sa in quale colata di cemento sono i cadaveri (li ha seppelliti lui). Un intellettuale cognato che crede nel dialogo e nel buon vicinato. Una mamma che raccomanda “Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, e un giorno sarà l’ultimo” e riconosce le manchevolezze di una religione che neppure promette la vita eterna.