LA CENA DI NATALE

di Marco Ponti, con Laura Chiatti, Riccardo Scamarcio, Maria Pia Calzone

Mariarosa Mancuso

Ti fanno notare: “Son sparite dalla pagina le recensioni dei film italiani” (mai che nessuno faccia lo stesso con gli smartphone, domandando “Com’è che in Italia nessuno li fabbrica e compriamo i cellulari venuti dall’oriente?”). Caso mai ci fossimo persi qualcosa – il tarlo fa il suo lavoro – andiamo al cinema da spettatori paganti. L’anteprima de “La cena di Natale” sfuggì per impegni sovrapposti, e ormai la cortese richiesta a un distributore di un link per ricuperare provoca reazioni incontrollate del tipo “non esiste”. Arriviamo al cine, davanti a noi un tizio sta interrogando la cassiera. Sembra il principio di un corteggiamento, invece si informa sui titoli in programma. La cassiera legge il primo della lista, e lui commenta: “Un film italiano? Sarà la solita porcata”. Spiace doverlo riportare con le parole esatte: ma sono cose che è bene sapere (sennò poi finisce come negli Stati Uniti con Donald Trump). Entriamo, non troppo fiduciosi, appaiono sullo schermo inquadrature da bocciatura al primo esame di cinema. Vabbé, speriamo di ridere almeno un po’, i Natali disastrosi è difficile sbagliarli proprio del tutto. Sembrava difficile, ma questo ignora le regole di base (suvvia, non siete tanto geniali da poterle trascurare: vale per il regista Marco Ponti e per Luca Bianchini che ha scritto il romanzo e collaborato alla sceneggiatura). Appena una situazione comica si profila – per esempio, la famigliola che siede finalmente a tavola e forse litiga, dopo la sparizione di un prezioso anello con smeraldi – viene smontata. In questo caso, tutti partono alla ricerca dello smeraldo perduto, lasciando Maria Pia Calzone e Michele Placido a rinverdire un antico amore. “Cena della vigilia a Polignano? Mica siamo a Bari” continuano a ripetere, mentre da Milano arriva Veronica Pivetti (in quota pugliese ma leghista). Un biglietto aereo per Parigi fa sognare, Michele Placido che si atteggia a chansonnier molto meno. Il prete – l’ennesimo, sempre uguale, tra un’avemaria e un “Ti spiezzo in due” – pesca un barattolo di olive dal cestino natalizio per i poveri. Indugia, con l’etichetta ben visibile, finché tutti capiamo che sono i sottolio dello sponsor.

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