SING

di Garth Jennings, voci italiane di Francesco Prando, Federica De Bortoli, Alessandro Campaiola

Mariarosa Mancuso

Tutto ben congegnato, a cominciare dal talent canterino. Manca però una giuria degna di questo nome: il dettaglio fa intuire che veleggeremo verso l’ora del dilettante, con rivelazione di bravure inaspettate (e salvataggio di un teatro che somiglia tanto all’Arca di Noé, inondazione compresa: gli eroi sono presentati subito, nessuna sorpresa che anche i bambini non riescano ad anticipare). Talent canterino con animali assortiti, come se a “Zootropolis” (italiano per “Zootopia”) il bufalo capo della polizia e il volpino truffatore gorgheggiassero cover di brani strafamosi. Da “My Way” (rifatta da un topo gradasso che imita Frank Sinatra cavalcando il microfono) a “Halleluja” di Leonard Cohen (rifatta da una timida elefantessa, con la voce cantante di Tori Kelly. Il minuscolo roditore ha la faccia di bronzo e la gigantessa ha il panico da palcoscenico? Esatto, ma bisogna avere pazienza (al cinema succede sempre più spesso): “Sing” ha scene scatenate, demenziali, psichedeliche e crudeli, spuntano tra un’esibizione e l’altra. Un koala in disgrazia – fa l’impresario per una folgorazione infantile, nell’originale doppiato da Matthew McConaughey che deve essersi stufato di morire in scena – pulisce i parabrezza delle automobili (non usa lo straccio, è lui lo straccio). Per il numero delle seppioline fosforescenti – ballano come in una coreografia anni 30 di Bubsy Berkeley – serve una vasca capiente che forse non reggerà. Dopo “Ave, Cesare” dei fratelli Coen e prima di “La La Land” diretto da Damien Chazelle in uscita a fine gennaio (speriamo sia la volta buona) un gran bell’omaggio al musical. L’anziana segretaria-camaleonte con l’occhio di vetro che alza il premio a 100.000 dollaro pare di averla già vista (potrebbe essere parente di “Rango”, camaleonte da terrario finito nel deserto dopo un incidente, regista Gore Verbinski). Divertente, con abbastanza citazioni per gli accompagnatori adulti. Poi però pensiamo che fino a un poco tempo fa – 2015, ma sembra di più – l’animazione voleva dire film come “Inside Out” di Pete Docter. E un po’ di tristezza per tanta smagliante intelligenza coglie anche gli spettatori meno nostalgici.

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