TRAINSPOTTING 2
un film di Danny Boyle con Ewan McGregor, Robert Carlyle, Ewen Bremner, Jonny Lee Miller
Scappava dai poliziotti, ora corre sul tapis roulant della palestra (a proposito: l’aggeggio fu inventato nell’800 da un certo William Cubitt come strumento di tortura nelle carceri inglesi, l’energia era sfruttata per macinare il grano; tale e quale a un episodio della serie “Black Mirror”). Dopo vent’anni trascorsi ad Amsterdam, Mark Renton torna a Edimburgo, e lì ritroverà anche il peggior cesso del mondo (in una scena mai dimenticata del primo film, uscito vent’anni fa, nel marroncino stagnante finiva qualche preziosa pasticca: immediato tuffo di testa per ricuperarla). Grazie a “Trainspotting” abbiamo scoperto Irvine Welsh. E abbiamo capito che quando François Truffaut sentenziava “il cinema britannico? una contraddizione in termini” dava sfogo ai suoi pregiudizi. Il molto thatcheriano – ma allora non si poteva dire – “My Beautiful Laundrette” di Stephen Frears aveva stabilito che i pachistani mettevano su redditizie lavanderie mentre gli inglesi campavano di sussidi.
Dieci anni dopo, “Trainspotting” fece l’effetto di una bomba: mai era stato sfoderato tanto humour nero, mai gli effetti della droga erano illustrati con tanto realismo, mai si erano visti trascurare così i neonati, mai “A Perfect Day” di Lou Reed aveva fatto venire più brividi, mai si erano viste ragazze che dopo una notte di sesso indossavano la divisa della scuola e facevano colazione con i genitori. Danny Boyle aveva azzeccato il primo film, “Piccoli omicidi tra amici”: tre attori sconosciuti e trenta giorni di riprese, fu il grande successo britannico del 1995. Con il fedele sceneggiatore John Hodge decise di adattare il romanzo di Welsh (che si era inventato una lingua tutta sua, per riprodurre lo slang e la parlata scozzese).
Dopo vent’anni, dopo“The Millionaire” che vinse otto Oscar, dopo la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi, Danny Boyle non è invecchiato. Neanche i suoi attori: i flash back reggono senza essere patetici. Sparisce la novità, ovvio. Ma lo stile e la grinta riducono al minimo la nostalgia: scene slegate, musiche a palla, un po’ di porno ricatti (ufficialmente la trama viene da “Porno”, altro romanzo di Welsh), lo psicopatico Begbie che continua a dare testate.
Politicamente corretto e panettone