TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
Un film di Martin McDonagh, con Francis McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Peter Dinklage
Andarci. Senza indugiare. Da qui a febbraio – per effetto degli Oscar e per esaurimento dei film italiani che cercano di intercettare lo spettatore stufo dei cognati e del panettone – un po’ di film belli finalmente usciranno nelle sale. Se cominciate ad accumulare ritardi, va a finire che vi perdete qualcosa. “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è un film su cui non si discute, è bello senza riserve. E non offre maniglie a cui appigliarsi, tipo: non sopporto quell’attore, non voglio più vedere quell’attrice, non sopporto i film dove cantano, non sopporto i film d’animazione. Neanche “non voglio più vedere film americani” (magari qualcuno c’è, tra chi si imbatte in questa pagina, non sa cosa si perde). La storia è ambientata nel Missouri, ma lo sceneggiatore e regista Martin McDonagh ha passaporto britannico e irlandese, ha un posto d’onore nella nostra memoria cinematografica per un altro gioiellino intitolato “In Bruges” (“Fucking Belgium, Fucking Bruges”, sbraitava il sicario Colin Farrell trasportato lì da Dublino). Viene dai successi teatrali, che in questo caso – non sempre, ma parliamo di teatro britannico – vuol dire precisione di scrittura. Quel modo di mettere giù le parole sulla pagina che a ogni frase aggiunge qualcosa. E quel modo di costruire personaggi che dopo cinque minuti sembra di conoscere da sempre (anche se perlopiù è gente poco raccomandabile, qui lo sono anche le Forze dell’ordine). Frances McDormand aveva una figlia, l’hanno seviziata e uccisa. Furiosa con lo sceriffo che non si impegna abbastanza nelle indagini, affitta tre manifesti all’entrata della cittadina e ci fa stampare sopra frasi poco gentili. Sapevamo quanto era brava, nei film dei fratelli Coen o nella miniserie “Olive Kitteridge”: qui è sublime: in una scena sale in macchina e semplicemente aggiusta lo specchietto retrovisore, senza una parola, e conquista. Ha vinto un Golden Globe – vestita con una palandrana blu, e del resto alla mostra di Venezia girava in tuta con le scarpe in mano. Un altro lo ha vinto Sam Rockwell il vice sceriffo. Quando vincerà i suoi Oscar, poi non venite a dire: “ma perché da noi non è uscito?”.
Politicamente corretto e panettone