The Post
di Steven Spielberg, con Tom Hanks, Meryl Streep, Sarah Paulson, Bob Odenkirk, Alison Brie
Nel 2016 “Il caso Spotlight” di Tom McCarthy vinse l’Oscar per il miglior film e la sceneggiatura originale (strano come gli inciampi nella storia del premio vengano prontamente dimenticati, e le statuette riacquistino rapidamente la verginità). L’inchiesta del Boston Globe sui preti pedofili ha reso per sempre antipatiche le rotative che ruggiscono, con le copie umidicce che scorrono sul nastro. Siamo nel (ricco) filone “è la stampa bellezza, e tu non ci puoi fare niente”, sussurrato al telefono da Humphrey Bogart nel film “L’ultima minaccia”. E nell’altrettanto ricco filone “nostalgia”: per i giornalisti che lanciavano la carta appallottolata nel cestino, per le suole delle scarpe consumate, per i taccuini, per la Verità (come questo si riesca a conciliare con “Tra la verità e la leggenda, stampate la leggenda” di James Stewart in “L’uomo che uccise Liberty Valance”, ancora ci sfugge). Abbiamo sempre preferito film come “Prima pagina” o “L’asso nella manica” del cinico – per chi mai sia stato in una redazione, vuol dire “realista” – Billy Wilder, con il giornalista in cerca di scoop che prolunga le sofferenze del poveretto nella caverna. “The Post” sta per Washington Post, anno 1971. Katharine Graham ha ereditato il giornale dal marito suicida (l’affezionato genitore si era ben guardato dal lasciarlo alla figlia femmina, che probabilmente non era neppure interessata). Sta per quotare la testata in borsa, quando in redazione arriva una scatola da scarpe piena di documenti, li aveva pazientemente fotocopiati Daniel Ellsberg. Sono i Pentagon Papers, ordinati da Robert McNamara nel 1967 per raccogliere i (disastrosi) rapporti sulla guerra del Vietnam, dal 1945 in poi. Pubblicarli o no? Il New York Times, che aveva fatto lo scoop vero, era stato diffidato dal continuare. Steven Spielberg – non candidato all’Oscar, lo sono il film, e l’invincibile Meryl Streep – racconta la vicenda con calma e retorica. A sfondo giornalistico (“si pubblichino i papers, anche se gli amici di famiglia fanno brutta figura”) e a sfondo femminista: “Donne che trovano la loro voce, e non si fanno più intimidire dagli uomini”.
Effetto nostalgia