Opera senza autore
di F. H. von Donnersmarck, con Tom Schilling, Sebastian Koch, Paula Beer, Saskia Rosendahl
Artisti. Il ragazzino viene condotto dalla zia un po’ matta – si mette nuda al pianoforte – alla mostra di “arte degenerata” (vernissage: 19 luglio 1937 a Monaco di Baviera). I compassati visitatori commentano, con un po’ d’anticipo: “Anche un bambino lo saprebbe fare”. Il ragazzino guarda con curiosità i quadri, si capisce che ha un temperamento artistico. Serviranno tre ore di film per vederlo sbocciare senza costrizioni. Kurt Barnet – l’attore è Tom Shilling, il personaggio ruba parecchio alla biografia del pittore tedesco Gerhard Richter, qui virata in melodramma – finita la guerra frequenta la scuola d’arte. Nella Germania dell’est, costretto a dipingere affreschi con il sol dell’avvenire, le spighe di grano, i trattori, il fanciullo e la fanciulla che avanzano sorridenti e fiduciosi. Siamo a due dittature, entrambe impediscono agli artisti di fare gli artisti (l’eccentrica zia Elisabeth, teniamolo a mente, non fa in tempo a vedere gli alleati che bombardavano Dresda: un medico nazista mette una crocetta sulla sua casella clinica: “Eliminare per la purezza della razza”). Finalmente Kurt va a ovest, il Muro di Berlino ancora non era stato costruito e bastava qualche fermata in più di metropolitana. Libero di esprimersi? Ma neanche per idea. All’Accademia regnano incontrastate le neoavanguardie. Guai al figurativo, sconcezza del passato. Via con il concettuale e il materico: piantare chiodi su una sedia, lanciare colori sulla tela, plasmare blocchi di grasso giallastro. Un giovanotto che somiglia tanto a Joseph Beuys spiega perché “la verità sta nel grasso”: il nostro ne ricava un’illuminazione che gli svolterà la carriera artistica. Sul côté melodramma, intanto: il cattivo nazista si ricicla come gerarca comunista e sceglie il pittore sbagliato per un ritratto con l’uniforme (c’entrano anche una ragazza e un grande amore contrastato). Piena confessione: a Gerhard Richter non abbiamo mai perdonato “Betty”, la signorina con la giacca a fiori rossi dipinta di nuca, puntuale sulle copertine dei romanzi mediocri che vogliono darsi un tono. Gerhard Richter non perdonerà al film la fotografia da realismo socialista.