PREDATOR
La recensione del film di Shane Black, con Boyd Holbrook, Trevante Rhodes, Jacob Tremblay, Keegan-Michael Key
Quanto sono distanti gli anni 80? Non abbiamo in mente i ragazzini di “Stranger Things”, botta di nostalgia sotto forma di serie tv. Abbiamo in mente Arnold Schwarzenegger che nel film di John Tiernan sconfiggeva in un corpo a corpo l’alieno con la vista a infrarossi, capace di mimetizzarsi nella giungla. Sono distantissimi per Shane Black, regista di “The Nice Guys” (fantasia losangelina anni 70 con Ryan Gosling e Russell Crowe) e di “Iron Man 3”. Vietato prenderli troppo sul serio, anche se quel tipo d’azione si è diffuso più velocemente di un’epidemia.
Non vi staremo a dire perché la mostruosa creatura si aggira in città (possiamo solo accennare al come, trattasi di sconsideratezza unita a un disguido postale) e scatena la guerriglia urbana. Bisogna combattere l’alieno assetato di sangue, viene utile un plotone di soldati tutti fuori norma – negli anni 80 sarebbero stati inappuntabili professionisti quasi muti, nel 2018 fanno battute volgari sempre . Neanche gli action hero (dal titolo di un altro film con Arnold Schwarzenegger, che si è appena autoaccusato di “comportamenti inappropriati”) sono più quelli di una volta.