TUTTI LO SANNO
Recensione del film di Asghar Farhadi, con Riccardo Darin, Penelope Cruz, Javier Bardem, Imma Cuesta
I registi che sopportano bene il cambio di fuso sono rari. Il campione si chiama Ang Lee, nato a Taiwan e capace di destreggiarsi con le coppie scambiste nel Connecticut anni ‘70 (“Tempesta di ghiaccio”), con l’Inghilterra di Jane Austen (“Ragione e sentimento”), con i cowboy innamorati nel Wyoming (“I segreti di Brokeback Mountain”). Già Woody Allen con l’Europa – intesa come set – ha avuto difficoltà: “Vicky Cristina Barcelona” e più di tutti “To Rome with love” erano al limite del guardabile – e ora che è tornato a New York lo riducono al silenzio i censori. L’iraniano Asghar Farhadi si era spinto con perdite limitate fino a Parigi, per girare “Il passato”. In Spagna, al seguito delle star Penelope Cruz e Javier Bardem – si sospetta un vanity movie, ancora prima di vedere il risultato – le perdite sono più consistenti. Nei suoi film ambientati a Teheran – “Il cliente”, “Una separazione” – lo sceneggiatore e regista faceva salire la tensione scena dopo scena, aggiungendo particolari e modificando il punto di vista. Ne risultavano intrighi complicati da sciogliere, resi più affascinanti dal fatto che tutti i personaggi avevano torto (non un po’ torto e un po’ ragione, proprio torto marcio) e parlavano tanto senza alzare la voce. Qui tutti urlano, fin dall’inizio, quando Laura dall’Argentina torna al paesello fuori Madrid per il matrimonio della sorella. Prima, per la gioia della festa, dopo tanta lontananza. Dopo, perché va via la luce e nel mentre la figlia di Laura viene rapita. Recitazione da melodramma, senza vergogna. La Grande Rivelazione viene accompagnata dalla mano sul cuore. Javier Bardem fa Mister Maglietta Sudata tra i vendemmiatori. Il Grande Dolore di Penelope Cruz viene sottolineato con due clamorose occhiaie da panda, disegnate con la matita. Si amavano, un tempo – lo hanno scritto sul muro della torre campanaria, per una strizzata d’occhio a Hitchcock – anche se la famiglia di lei possedeva le terre e lui le lavorava. Poi la vita li ha separati (e ha provveduto a una certa ridistribuzione sociale). Il film li riunisce, una coppia così non può andare sprecata. Come “congegno a orologeria” – parola di Javier Bardem – è miserello assai.