L'agenzia dei bugiardi
Il film di Volfango De Biasi, con Massimo Ghini, Alessandra Mastronardi, Carla Signoris
Confessiamo di esserci andati senza nessuna voglia. Provate voi a vedere tutti i film italiani che dobbiamo vedere – magari a baciare tanti rospi sbuca un principe, non si può mai sapere, o magari una Befana come il campione d’incassi delle feste passate – e a conservare un pochino di entusiasmo per il remake di una commedia francese. L’originale (diretto da Philppe Lacheau, campione di incassi in patria) era spassoso, capace di passare dalla farsa al pecoreccio, omaggiando “Il vizietto” e maltrattando cagnolini. Non avremmo scommesso granché sulla possibilità di un remake all’altezza (anche per copiare servono talento e applicazione). A dispetto delle profezie di sventura e dei pregiudizi che rivendichiamo come un diritto, “L’agenzia dei bugiardi” funziona e fa ridere, soprattutto nella scoppiettante prima mezz’ora, con Paolo Ruffini – incredibilmente a tempo e mai sopra le righe – che cerca di farsi arruolare nella ditta fornitrice di alibi. “Meglio una bella bugia che una brutta verità”, garantisce il titolare Giampaolo Morelli (era accanto a Serena Rossi in “Ammore e malavita” dei Manetti Bros.): mamma e papà si sono separati quando era piccolo, da allora è diventato un professionista della menzogna. E dell’abitudine di registrare l’amante sul telefonino con “Numero” al posto del nome e “Sconosciuto” al posto del cognome. Il barboncino finisce puntualmente spiaccicato sul parabrezza, e conosce altre sventure: appartiene a Alessandra Mastronardi, figlia di Massimo Ghini che si serve dell’agenzia per coprire un fine settimana con l’amante Cinzia (proprio quando cade l’anniversario del matrimonio, bisogna inventarsi un irrinunciabile quanto noioso convegno di lavoro). L’amante – l’attrice Diana Del Bufalo – è una sciroccata con pretese artistiche: vorrebbe fare il rap, e pure lo fa, non andando oltre una manciata di visualizzazioni perlopiù sue, quando mostra il video agli amici. I luoghi comuni sulla creatività fatti personaggio (qualche spunto, sospettiamo, viene dai colleghi registi e sceneggiatori). Altra scelta azzeccata, lo stralunato nerd Herbert Ballerina – non sforzate la memoria, era nei film di Maccio Capatonda.