LE NOSTRE BATTAGLIE
La recensione del film di Guillaume Senez, con Romain Duris, Laura Calamy, Laetitia Dosch
La dura vita quotidiana. Del caporeparto in fabbrica, che aiuta gli operai e si preoccupa per loro tornando sempre a casa tardi la sera. Di sua moglie, casalinga disperata che bada ai bambini con l’aiuto della suocera – finché un giorno sparisce senza lasciare traccia né indirizzo, forse per rifugiarsi nel paesello dove è cresciuta. Della cliente in boutique che si vede rifiutare la carta di credito per un vestitino da 50 euro. Della lavoratrice a contratto: non glielo rinnovano perché incinta (ma lei non l’ha confessato a nessuno, si sospetta il medico dell’infermeria). Della sorella del caporeparto, che porta i regali per i bambini, e ricorda “anche nostro padre in casa si faceva veder poco, tu sei uguale a lui”. Del figlio grandicello che dà alla figlia piccola un maglione che ancora conserva l’odore della mamma, dei sindacati accusati di connivenza con i padroni che introducono i tablet in magazzino: oltre a registrare il posizionamento delle scatole, registrano il tempo impiegato per posizionarle. Nella Francia dei gilets jaunes in rivolta per la benzina troppo cara (con la benedizione dei cinque stelle che però non vogliono i treni veloci né le trivelle) esistono ancora fabbriche e lavoratori. Nel cinema italiano, operai non ce ne sono, soltanto migranti, precari, e una schiera di comici boccheggianti. Una volta abbiamo visto un film, anche di sesso e di passione, sui lavoratori francesi del nucleare: era intitolato “Grand Central”, di Rebecca Zlotowski, e misurava bene le differenze tra le due cinematografie. Il regista Guillaume Senez e l’attore Romain Duris lavorano d’amore e d’accordo, uno al servizio dell’altro e qualche brava attrice per contorno. Per esempio Laetitia Dosch, la ragazza del bellissimo “Montparnasse femminile singolare”: la storia di una ragazza lasciata dal fidanzato, sull’orlo di una crisi di nervi, lo aveva scritto e diretto Léonor Sérraille, in Italia ha incassato la favolosa cifra di 80 mila euro. “Nos batailles” non è così originale, né così riuscito. Incasserà l’entusiasmo dei critici, e la delusione dello spettatore che vorrebbe un minimo almeno di brio e spettacolarità.
“Glicked” o “Wickiator”