Rapina a Stoccolma
La recensione del film di Robert Budreau, con Ethan Hawke, Noomi Rapace, Mark Strong, Christopher Heyerdahl
La sindrome di Stoccolma, illustrata a chi vuole andare al cinema di giugno, magari anche di luglio. Le stagioni non sono più quelle di una volta, la desolazione dei cartelloni resta: “Toy Story” sarà bellissimo; ma non basta, con uno “Spider-Man” di luglio e un “Fast & Furious” d’agosto, a risollevare l’estate. Un rapinatore con i baffi, i capelli lunghi, gli occhiali scuri, il giubbotto di Peter Fonda in “Easy Rider” – scelta giudiziosa, serve a venire bene negli identikit – fa irruzione in una banca di Stoccolma. Per un po’ di colore cinematografico in più, dice di chiamarsi “fuorilegge” e minaccia “Ricordatevi di Alamo!”. Spara, cattura qualche ostaggio, chiede che un suo antico complice venga rilasciato. Il piano prevede la fuga a bordo di una Mustang (fornita dal capo della polizia con il consenso del primo ministro Olof Palme, era il 1973). Fa da modello Steve McQueen in “Getaway”, e per amor di inquadratura vorrebbero portarsi via due impiegate, scelte tra le più carine. Non andrà così. “Basato su un’assurda storia vera”, annunciano i titoli di testa (sta diventando un vizio, anche “American Animals” di Bart Layton – volumi rari e preziosi, sottratti a una biblioteca universitaria del Kentucky – trova la realtà più interessante della fiction, e la sceneggiatura un po’ ne soffre). Usciti dal caveau, dopo che erano stati affamati, arroventati con il riscaldamento al massimo, gasati con i lacrimogeni, gli ostaggi decisero di non testimoniare contro i rapinatori. Il canadese Robert Budreau scrive, dirige, produce (un po’ troppo, per un uomo solo, che con sprezzo del pericolo svela subito il finale) e viene salvato dal cast: Ethan Hawke nella parte del fuorilegge, Mark Strong nella parte del complice. Noomi Rapace è l’obolo da versare a ogni film svedese: qui è la moglie e madre che da ostaggio insegna al marito come infarinare le aringhe e friggerle per la cena dei bambini. Poi cede al fascino di Ethan Hawke, che tra un attacco isterico e un altro si mostra tenerissimo (e incapace nel suo mestiere criminale). Ama Bob Dylan, e fa cantare le sue canzoni agli impiegati terrorizzati.