Sir – Cenerentola a Mumbai
La recensione del film di Rohena Gera, con Vivek Gomber, Tilotama Shome, Geetanjali Kulkarni
Anche questo è un genere. Il regista – in questo caso la regista – che arriva dalle periferie dell’impero, studia cinema negli Stati Uniti e per il primo film sceglie una storia di casa. Rohena Gera, nata e cresciuta in India, si stupiva da bambina per la governante che terminato il lavoro mangiava con le mani, seduta per terra, e dormiva nella stanzetta su una branda. Lo racconta in “Cenerentola a Mumbai”, e intanto noi scopriamo che neppure la favola di Cenerentola va considerata patrimonio comune, nel numero delle cose che tutti sanno (o non possono non sapere, mettiamola così, sarà pure capitato di sentirla raccontare, o di aver visto il film di Walt Disney). Attenzione, ché stiamo andando di spoiler: titolisti italiani, ve lo ricordate il finale? d’accordo, abbiamo una potenziale matrigna, e un giovanotto che potrebbe far funzione di principe, ma per il resto è tutta un’altra storia. Siamo a Mumbai, inquadrata come se fosse New York, grattacieli e gigantesche gru, terrazzi da cui ammirare le mille luci della città. La cameriera arriva dalla campagna, viene richiamata in servizio a capriccio, deve comprare e cucinare cibi a lei proibiti dalla religione indù. Il giovane padrone ha appena mandato a monte il matrimonio, per via di una sposa fedifraga. La madre di lui, tutta un gioiello vistoso, cerca di rimettere insieme i cocci. Il giovanotto viene accudito dalla serva, solitario nella grande e ricca magione. Ma siccome siamo in India la serva non è del genere che poi prende il potere. E’ rimasta vedova giovanissima (in un luogo dove le vedove dovevano immolarsi sulla pira dei mariti), lavora per sé e per far studiare la sorella, nel tempo libero cerca di rubare il mestiere a un sarto. Sogna di fare la fashion designer, né di più né di meno. Intanto scopriamo che il giovanotto aveva vissuto in America, e lì voleva fare lo scrittore, non costruire grattacieli a Mumbai come il miliardario genitore. Ma siamo in India, che pare moderna e nel profondo non lo è davvero, le caste sono dietro l’angolo. Ne vien fuori il classico film “fatto di sguardi e di non-detti”. Gli attori si danno da fare, ma alla fine ricordiamo solo i cattivi.