Spider-man far from home
La recensione del film di J. Watts, con J. Gyllenhaal, T. Holland, M. Tomei, Zendaya, S. L. Jackson
Il solito film dell’Universo Marvel che sa di essere il solito film dell’Universo Marvel, e lo ribadisce allo spettatore ogni volta che può, è una ragione sufficiente per non essere considerato il solito film dell’Universo Marvel? Vale a dire: supereroi (anche a manciate), dubbi e tentennamenti sul ruolo dei medesimi, cattivi sempre più fantasiosi, qualche battuta per accontentare i non adepti, città distrutte per salvare il mondo. Poneva la domanda Richard Lawson su Vanity Fair, a proposito del genere più fortunato nella storia del cinema recente, a rischio di finire vittima del proprio successo. Precisazione: è una speranza che segretamente coltiviamo, rischiando il linciaggio da parte dei nerdissimi (e infaticabili: ormai studiano i trailer e soprattutto le scene post-crediti come fossero l’oracolo). Non succederà, visti gli incassi sempre stratosferici. Per ravvivare un po’ le trame, l’ultimo Spider-Man è un ragazzino che va al liceo, e alle “grandi responsabilità” preferisce un bacio alla più bella ragazza della scuola. Nella romantica Venezia, magari, e giusto lì conduce la gita scolastica in programma. Grazie a un accordo tra la Marvel e la Sony – revocabile se il film non raggiunge il miliardo di dollari, ora siamo a 600 milioni – il Ragazzino Ragno riparte da “Avengers: Endgame”. Il perfido Thanos – pare un romanzo d’appendice, e lo è, al netto dei 160 milioni di budget – aveva cancellato metà dell’umanità. Poi ripristinata, con un viaggio nel tempo e qualche supereroe morto nell’impresa. Gli Avengers hanno bisogno di un nuovo capo, Iron Man aveva indicato il suo protetto Peter Parker, Giovanotto Ragno in tirocinio. A Venezia – la colonna sonora di Michael Giacchino lascia il posto a un cha cha cha – altro che bacio, si scatena la furia dell’acqua, con ponti e campanili distrutti. Torna utile la tuta rossoblù, che zia May prudentemente ha messo in valigia. “Spider-Man: Far From Home” ha in serbo una sorpresa, ma non può essere rivelata. Sappiate però che rende il film ancora più autoriferito, estenuante, anche un po’ antipatico nel voler conciliare i grandi incassi con la coscienza di sé.