Il Re Leone
La recensione del film di Jon Favreau con le voci italiane di Elisa, Marco Mengoni, Stefano Fresi, Edoardo Leo, Luca Ward
L’orrore, l’orrore. I leoni, il babbuino, le iene, le gazzelle sembrano usciti da un documentario sulla savana. Il genere più basso nella scala dei consumi tv: quando un personaggio fissa incantato programmi come “Il deserto che vive” vuol dire che non se la passa tanto bene (abbiamo le pezze d’appoggio, da “Donnie Brasco” a “L’amico di famiglia” di Paolo Sorrentino). Poi i leoni e compagnia parlano. Peggio, ridono. Peggio del peggio: cantano e ballano Hakuna Matata, inno alla spensieratezza che fa il paio con “Lo stretto indispensabile”, gorgheggiata dall’orso Baloo nel “Libro della giungla” (l’altro classico Disney che il regista Jon Favreau ha rovinato prima del “Re Leone”). Già veniva un brivido, al pensiero di Timon e Pumbaa zoologicamente corretti – un facocero e una mangusta – che nel film d’animazione erano la strepitosa coppia comica a fianco del leoncino Simba, orfano per una congiura di palazzo. Per fortuna, e per rendere l’esperienza del film appena tollerabile, resta la trama potente rubata all’Amleto di Shakespeare, con tocco di Iago: il leone cattivo uccide con l’inganno il leone buono, facendo ricadere la colpa sul cucciolo Simba, che si allontana dal branco. I posteri si chiederanno che bisogno c’era di rifare in live action un perfetto film d’animazione, già campione d’incassi 25 anni fa: non penseranno un gran bene di noi, creature senza fantasia. Live action, poi, è un modo di dire. Sono immagini “realistiche” generate al computer. Dal babbuino sul punto di evolversi (tiene un bastone nodoso nascosto da qualche parte, e al bisogno lo userà, emulando le scimmie nella prima scena di “2001 - Odissea nello spazio”) allo scarabeo stercorario che spinge la sua schifosa pallina. I 25 anni trascorsi hanno aggiunto un tocco di ecologia – assurdo, chiunque nella savana mangia a chilometro zero – e non sono riusciti a cancellare del tutto il cinismo (non sono remake, è lo stesso film rifatto scena per scena con altri mezzi). Quando Simba evoca “il grande cerchio della vita” (sullo sfondo, tramonti alla Terrence Malick) Timon e Pumbaa gli fanno presente che è più “un’inutile retta di indifferenza”. Quando i leoni combattono, paiono gladiatori.