5 è il numero perfetto
La recensione del film di Igor Tuveri, con Toni Servillo, Valeria Golino, Carlo Buccirosso, Iaia Forte
Domanda Non Retorica – ne vengono in testa sempre un certo numero quando guardiamo i film italiani. E vorremmo davvero che i registi, qualche volta d’intesa con gli sceneggiatori, venissero in soccorso per spiegare certe scelte per noi incomprensibili. Ma chissà? forse hanno una profondissima motivazione che alla nostra testolina sfugge. Perché in “5 è il numero perfetto” Toni Servillo ha un vistoso naso finto che di profilo lo fa somigliare a Dick Tracy? (pensiamo al fumetto disegnato da Chester Gould, non al film con Warren Beatty, che per l’occasione era diretto da sé). Quando poi, a dispetto del nasone che gli modifica la fisionomia e dovrebbe “fare personaggio”, parla come Toni Servillo, cammina come Toni Servillo, ha tutti i birignao e i vezzi recitativi che Toni Servillo si trascina da un film all’altro? Lo spettatore se lo domanda dopo aver ammirato i magnifici titoli di testa in stile Saul Bass. Da un graphic novelist internazionalmente applaudito come Igor Tuveri in arte Igort, era il minimo sindacale (se finora il suo nome vi era sfuggito perché disprezzate i film d’animazione e i romanzi a fumetti, procuratevi una copia di “Quaderni ucraini”). L’attore, che al nasone aggiunge un cappello e un impermeabile – nel film ne vedremo una sfilata, trench neutri da maschi e trench colorati per Valeria Golino – spara e spara. Per mestiere e per passione, sempre in coreografiche pose. Al rampollo che segue le sue orme, sono killer di padre in figlio, racconta: “Per fidanzarmi con tua madre ho dovuto sterminare la sua famiglia”. Diviso in capitoli (“Lacrime Napulitane”, “La settimana enigmatica”), il film racconta un incidente sul lavoro capitato al figlio, che era uscito con la Bianchina – identica a quella del ragionier Fantozzi, perfetta macchina da fumetto – e non ritorna più. Le pistole sono trattate meglio delle donne, come il genere poliziottesco impone. Il vecchio gangster non ci risparmia il discorsetto sul mondo diventato una monnezza, e conta così il numero perfetto: “due gambe due braccia, una mente per far cinque”. Spettacolare resa dei conti con affaccio su Napoli e su una gigantesca insegna Campari.