Joker
La recensione del film di Todd Phillips, con Joaquin Phoenix, Frances Conroy, Robert De Niro, Zazie Beetz
“Il film più deludente dell’anno”, titola il Guardian. Un po’ alla Fantozzi e un po’ con il fastidio di chi scrive dopo aver letto articoli su articoli, quasi tutti di elogi sperticati, e dopo il Leone d’oro alla Mostra di Venezia. Una prima assoluta, hai voglia a dire che non c’entrano i supereroi: c’entrano, e non sono loro a diventare adulti; sono le giurie che hanno accorciato la distanza con il mondo là fuori. Niente meglio di “Joker” dimostra (e sembra incredibile che ci sia ancora bisogno di farlo) che il cinema è un’arte di superficie. Se scaviamo ci perdiamo il meglio, malamente risarciti da un catalogo di banalità psico-sociologiche. Se “Joker” lo guardiamo, salta agli occhi la portentosa recitazione di Joaquin Phoenix, Oscar già prenotato per la risata irrefrenabile che scatta nelle situazioni di pericolo o disagio o stress (tiene in tasca un biglietto di scuse da allungare al prossimo). Scenografia e costumi sono al massimo, come Gotham City anni ‘80: mucchi di spazzatura e pagliacci che annunciano le svendite. Magnifico il trucco, che mette insieme “L’uomo che ride” (il film di Paul Leni adattato dal romanzo di Victor Hugo, la risata fissa era una cicatrice) e “L’uomo che prende gli schiaffi” di Victor Sjöström, con Lon Chaney, sicuramente la più triste storia di clown mai raccontata. Ottime le citazioni di riferimento, da “Taxi Driver” a “Re per una notte”. Quando vogliamo trovare una morale nella favola, tanto splendore un po’ si appanna. Ma appunto, non c’è bisogno di altra carne da dibattito, possiamo guardare il film di Todd Phillips (molto salito di grado, dalla trilogia “Una notte da leoni”) come se fosse un film e basta. Violento e teso, ma non responsabile delle brutture che accadono nel mondo: le gocce di sangue sulla faccia di Joker sono artisticamente disposte alla Pollock, macchiano un completo viola e arancione da passerella, i passi di danza sono di gran classe. Gli scavatori folli trovano l’infanzia difficile, il risentimento del maschio sfidanzato, i servizi sociali che chiudono. Anche l’artista incapace, ridicolizzato in tv perché YouTube ancora non esisteva. La superficie di Joker è cento volte più attraente.
Politicamente corretto e panettone