Panama Papers
La recensione del film di Steven Soderbergh con Meryl Streep, Gary Oldman, Antonio Banderas
Zitti e attenti. E’ il denaro che vi parla. Guardando in macchina, con le facce sornione di Gary Oldman e Antonio Banderas (sfuggito alle grinfie di Pedro Almodovar e quindi molto meno malinconico di come lo abbiamo visto l’ultima volta, in “Dolor y Gloria”). Ora indossano completi di lino candido con panama (inteso come cappello). Ora si pavoneggiano in giacca di broccato (sempre in coppia, come il Gatto e la Volpe che convincono Pinocchio a seminare gli zecchini d’oro nel campo dei miracoli). Ora su una spiaggia tropicale, ora davanti al bancone di un bar. Sempre con lo champagne in mano, o un altro drink purché costoso. E’ il denaro che parla direttamente allo spettatore, svelando segreti che segreti davvero non sono, ma continuano a fingersi tali, per la gioia dei pochi che comandano il gioco e la sventura degli ignari. Società di comodo, corruzione, evasione fiscale, e le meraviglie dell’off shore, per un totale di oltre duecentomila sigle truffaldine. Un riassunto da serva – meglio, da casalinga e fresca vedova Meryl Streep, in camicetta a fiorellini, scarpe comode, cappello sui ricciolini tinti in casa – di quel che stava scritto sui Panama Papers (e non avremmo mai pensato di capire). Invece si afferra tutto benissimo, e ci si diverte parecchio. Tranne i veri artisti del raggiro, gli avvocati Jurgen Mossack e Ramon Fonseca non hanno gradito e hanno minacciato Netflix di querela. Con il titolo originale “Laundromat” (lavanderia), il film era in concorso alla mostra di Venezia, sulla piattaforma streaming da ieri. Si era parlato anche di un giretto nelle sale, ma poi devono aver cambiato idea: e del resto, se “Irishman” di Martin Scorsese rimarrà nei cinema tre giorni soltanto, “Panama Papers” ci sarebbe rimasto mezzo pomeriggio (noi continuiamo a pensare che ci sia spazio per tutti). Serviva il genio di Steven Soderbergh (e la sua feroce cattiveria in una scena familiare che non riveliamo) per ricavare da undici milioni di documenti, e da un intrigo che ha coinvolto celebrità e politici, uno spasso intelligente. Partendo da una disastrosa gita in barca, va a curiosare nelle compagnie di assicurazioni, e poi più su, fino ai diabolici artefici.
Politicamente corretto e panettone