Vedere o rivedere JoJo Rabbit
Il film di Taika Waititi, con Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Scarlett Johansson, Taika Waititi (su Rakuten tv)
Vale la stessa raccomandazione fatta per “Richard Jewell”: se l’avete perso al cinema, ora che arriva a casa non ci sono più scuse. Se siete spettatori adulti. Gente che non si spaventa quando vede un giovanotto vestito da Hitler, con svastiche e baffetti. L’attore che fa l’ingrata parte, nonché regista del film, si chiama Taika Waititi, maori per parte di padre mentre il cognome della madre suona Cohen. Se affibbia al ragazzino JoJo un amico immaginario che parla e si comporta come Hitler mette una gran voglia di vedere cosa è capace di fare. Con un pregiudizio positivo: conosciamo il regista (neozelandese di passaporto) per un finto documentario intitolato “What We Do in the Shadows”: 4 vampiri, di età dai 180 agli 800 anni, coinquilini litigiosi in un appartamento a Wellington (esiste anche la serie, ambientata a New York). JoJo vive nell’Austria nazista, con la mamma Scarlett Johansson: il regista ha adattato – piuttosto liberamente – il romanzo di Christine Leunens “Il cielo in gabbia” (SEM), e per la sceneggiatura ha vinto l’Oscar. Solo per spettatori adulti, capaci di apprezzare una riuscita commedia nera, e con abbastanza memoria da ricordare “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin (1940), o “Vogliamo vivere” di Ernst Lubitsch (1942). JoJo è un ragazzino fifone, per questo lo chiamano “rabbit”. I riti di passaggio sono crudeli e pericolosi, i ragazzi più grandi imparano le tecniche migliori per bruciare i libri. Un incidente costringe JoJo a casa, e così scopre una ragazzina ebrea che la madre nasconde in soffitta. Passato il primo spavento, ne approfitta per studiare da vicino il nemico. Il ragazzino Roman Griffin Davis è bravissimo e non lezioso. Il quotidiano israeliano Haaretz ha molto apprezzato il film, registrando anche una certa tenerezza nel bizzarro romanzo di formazione. Spettatori adulti, appunto.
Politicamente corretto e panettone