Dopo il matrimonio
Di Bart Freundlich, con Julianne Moore, Billy Crudup, Michelle Williams, Abby Queen (novità on demand su MioCinema e Sky Primafila)
Era un film diretto da Susanne Bier, danese e quindi provvista di un cinismo familiare che agli americani sfugge. Era una faccenda tra due maschi, e il regista nonché sceneggiatore Bart Freundlich lo ha girato con due attrici protagoniste: la consorte Julianne Moore e Michelle Williams che dovrebbe ogni tanto fare una parte brillante: la si guarda, ed è subito strazio. Era un film con un bel ritmo suo, che sapeva fermarsi un attimo prima del melodramma: nel remake il melodramma divora ogni cosa. Michelle Williams fa la volontaria con i bambini poveri dell’India, e naturalmente mancano i soldi per le medicine. Viene convocata a New York da una misteriosa donatrice – Julianne Moore – che promette all’orfanotrofio due milioni di dollari (sta per vendere l’agenzia di pubblicità, si capisce che il marito artista ha buone quotazioni). Per prima cosa, l’amica dei bimbi indiani riceve un invito al matrimonio: la figlia della miliardaria va sposa giusto il giorno dopo. Così cominciava il film originale, perché tutto succede dopo lo sposalizio. Nel remake ci arriviamo dopo un po’: è irresistibile, per chiunque, pasticciare con una sceneggiatura che funzionava perfettamente (ma essendo i protagonisti originali maschi, non garantiva abbastanza primi piani alle due attrici). Da qui in poi arrivano i colpi di scena. In una casa lussuosa dove appena due alzano la voce per litigare i cani abbaiano. Di là, i gemelli spacchettano i regali di compleanno. Di qua la sposa novella comincia ad avere qualche sospetto sull’invitata sconosciuta. Peraltro arrivata in ritardo, perché in testa aveva miseria & povertà & il pensiero “quanto si sentirà solo il mio piccolo indiano preferito”.
Politicamente corretto e panettone