Lo scrittore algerino Kamel Daoud e la strana alleanza dei suoi accusatori
Produce strane reazioni il caso Kamel Daoud, lo scrittore algerino che ha subito un linciaggio morale da parte di un gruppo di sociologi ed antropologi della scena francese per aver denunciato la “relazione malata” che il mondo arabo islamico ha con le donne e il sesso. Sulla London Review of Books, la rivista anglosassone fighetta e molto di sinistra, si attacca Daoud in quanto avrebbe riciclato gli stereotipi razzisti. Nella sua Algeria, un imam è stato condannato per aver minacciato di morte lo scrittore. E persino la France Presse si aggrega al coro, speriamo involontariamente, dando di “polemista” a Daoud, il provocatore che se l’è cercata.
Lo stesso accadde con Ayaan Hirsi Ali, accusata da un certo numero di intellettuali anglosassoni di “fondamentalismo laico” perché si era permessa di criticare sharia e machismo musulmano. Come i ricchi che spiegano ai poveri che i soldi non comprano la felicità, questi “intellettuali” bianchi e progressisti che aggrediscono Daoud reclamano a sé ogni libertà e ai Daoud e alle donne musulmane lasciano tutte le gioie dei matrimoni forzati, dell’apostasia punibile con la morte, della fede obbligatoria. E’ un disprezzo neocoloniale mascherato da difesa dell’islam.
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